Quest’anno è stata “riscoperta” a reti unificate la celebrazione collaborazionista del 6 giugno 1944. L’inizio di quella che una certa narrazione chiama “Liberazione dell’Europa”. Partendo da una nozione base che ben ci ricorda Faye nel suo “Perché combattiamo”, ovvero che “il nemico disprezza il proprio collaboratore… mentre rispetta solo il resistente che gli si oppone”, spesso ci si dimentica anche un altro dato cioè che l’invasione dell’Europa parte almeno un anno prima. Il 10 luglio 1943 infatti gli Alleati invadono la Sicilia a costo di una rovinosa e faticosa risalita della nostra penisola che si concluderà solo con il tragico epilogo dell’aprile 1945.

Storia a parte quel che ci interessa è che in Normandia come in Sicilia – casualmente entrambe terre Normanne – l’Europa è stata attaccata per essere definitivamente smembrata e divisa, anche passando sopra quei “collaboratori” che credevano di essere aiutati. L’Europa non è stata attaccata da tanti piccoli “Soldati Ryan” – come ci racconta stamattina un post di Repubblica – ma da un intero apparato militare, politico ed economico che ha conquistato metro dopo metro e ad un costo altissimo di sangue il Continente, concludendo spiritualmente la sua avanzata con la stretta di mano sul fiume Elba con l’Armata Rossa. Chi oggi celebra tutto questo è un nemico: consapevole o inconsapevole che sia della convenienza che gliene deriva.

In ogni caso perfino in Francia sono riusciti a mantenere una certa lucidità sulla narrativa del D-Day: infatti, quasi tutti ignorano che nel 1964 il presidente De Gaulle – praticamente il capo assoluto della resistenza francese – si rifiutò di partecipare alla commemorazione del ventennale dello sbarco e ne vietò la partecipazione a tutte le istituzioni francesi perché riteneva che gli angloamericani avessero poi fatto di quell’invasione un atto di conquista subdola della sua Nazione. Rivelò addirittura che sia lui che il Cancelliere Adenauer in quei mesi erano stati oggetto di tentativi di assassinio. Parliamo degli stessi mesi in cui la Cia (è una rivelazione di Spallone, medico di Togliatti e quadro importante del Pci) propose a Botteghe Oscure un governo bipartito con la Dc per sventare in Italia svolte presidenzialiste gradite a Parigi e a Bonn. 30 anni fa l’ex ministro di De Gaulle e in seguito di Mitterrand, Michel Jobert, ufficiale nelle forze della “France Libre” con cui era entrato il 4 giugno del 1944 a Roma, disse alle antenne di France Inter – la principale radio transalpina – che visto come andarono poi le cose, riteneva un errore la scelta militare fatta accanto agli angloamericani.

Insomma l’Italia (come la Francia, la Germania ecc…) non hanno perso la loro sovranità con i meccanismi di collaborazione europei (frutto del lavoro dell’Asse) come vorrebbe affermare una certa retorica sovranisteggiante. Anzi, se qualcosa è stato ripreso lo dobbiamo proprio a questo progetto. La sovranità – fa bene ricordarlo – è stata persa con l’invasione armata della nostra terra, dal Baltico al Mediterraneo, perché come ci ricorda Pound “una Nazione che non si indebita fa rabbia agli usurai”. Figuriamoci un’Europa giovane, fascista e corporativa. Figuriamoci un’Europa unita. Perché questo fu il crimine italo-tedesco: quello di aver tentato di liberare i popoli europei dal sistema di debito ed usura del capitalismo finanziario; quello di aver rifiutato la sua bestiale alternativa bolscevica.

M.U.S.E.

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