“Apritelo un libro di storia”
Ogni giorno un antifa da tastiera, tra l’altro quasi sempre illetterato, scrive questa frase sui social, di cui non conosce il significato, non soltanto perché le sue conoscenze sul f**cismo si basano sui post di Berizzi, di Scanzi e di Montanari, nemmeno quindi sui libri di storici seri, anche se antifascisti, come Renzo de Felice, ma anche perché tale affermazione tradisce un pensiero molto diffuso negli ambienti progressisti, liberali e marxisti, ovvero che il fatto di essere eruditi o di aver letto molti libri sia garanzia di superiorità culturale e morale. Nel caso di specie nemmeno si tratta di gente che ha letto molto, anche se in passato, bisogna riconoscerlo, comunque il mondo della sinistra ha avuto notevoli riferimenti culturali. Ma l’aver studiato ad ogni modo non è di per sé garanzia di elevazione. Le domande da porsi sono: come si è studiato? A quale razza dello spirito appartiene l’uomo che ha studiato? Cosa ha studiato? Chi sono i suoi maestri? Un libro di letteratura, di filosofia o di storia, un romanzo, un trattato o qualsiasi genere di volume possono esprimere i concetti più disparati e, per dire di averli studiati con cognizione di causa, bisogna averne interiorizzato i concetti e aver appreso il messaggio di fondo che trasmettono. Era certamente più saggio e più spiritualmente elevato un contadino medievale analfabeta che aveva vissuto la propria esistenza nell’armonia e nella gerarchia, dedicando il proprio lavoro e le proprie energie al sacro, di un dotto intellettuale di epoca illuministica, il quale poteva vantarsi di conoscere a memoria i versi di Virgilio, ma non certamente di averne colto l’essenza più profonda, differentemente da gente più umile. Certamente un rex, un imperatore o un generale godevano di una conoscenza superiore a quella di chi apparteneva al popolo e potevano vantare cultura, ma queste doti non erano altro che i mezzi per servire una causa più alta. Il libro è uno strumento formidabile ma affidato a chi possiede esclusivamente doti intellettualistiche ed è animato da pulsioni sovvertitrici diventa un mezzo micidiale. Come ogni cosa il libro può avere una doppia funzione, dipendente da chi lo scrive, da chi se ne serve, da chi lo diffonde e da come viene diffuso. Quando si è trattato di aristocrazie guerriere e spirituali, si avevano dei monumenti più duraturi dei metalli quali l’Eneide, la Repubblica, il de Monarchia, Rivolta contro il mondo moderno, il Tramonto dell’Occidente. Se si tratta di borghesia degenere, i prodotti sono manuali sovversivi quali il Capitale di Marx o il Trattato della Tolleranza di Voltaire, i cui contenuti vanno conosciuti solo per poterne smontare i messaggi e la propaganda.
FERDINANDO VIOLA