IN RICORDO DI GIOVANNI GENTILE

Sono passati ottant’anni da quel 15 aprile 1944, quando sicari dei Gap, le bande partigiane legate al partito comunista, assassinarono a Firenze il filosofo Giovanni Gentile, presidente della ricostituita Accademia d’Italia della Repubblica Sociale, alla quale, con senso di abnegazione, fedeltà e coraggio, aveva aderito.

Il delitto, organizzato dai servizi segreti britannici che contavano anche su appoggi di traditori all’interno dell’Ateneo fiorentino, era stato preceduto, e seguito, da una criminale quanto volgare campagna di mistificazione e denigrazione, partita da Radio Londra e rilanciata dai microfoni dei collaborazionisti di Radio Bari.

Gli assassini e i loro mandanti temevano che i ripetuti appelli di Gentile, volti ad una riconciliazione nazionale ed alla ricostruzione di un solido tessuto sociale, nel nome della Patria, minacciata dalla barbarie anglo-americana e sovietica, potessero scongiurare la guerra civile, e per conseguenza, la morte dell’Italia e dell’Europa, dopo il vergognoso “armistizio” dell’8 settembre.

Ma il messaggio e l’opera concreta del filosofo, fra i più grandi pensatori europei del Novecento, mantengono ancora oggi, per molteplici aspetti, il loro valore e la loro attualità. Non solo a livello filosofico, pedagogico e culturale, ma anche a livello politico, sociale ed etico.

Alla nobile figura di Giovanni Gentile, Radio Kulturaeuropa dedicherà due trasmissioni speciali, il 20 aprile e il 4 maggio.

Concludiamo questo ricordo con una citazione che riguarda il mondo della scuola, di importanza centrale per il filosofo.

Siamo nel 1920, tre anni prima della celeberrima e migliore, in quanto supportata da una precisa Visione del Mondo, Riforma dell’Istituzione scolastica: Gentile si rivolge agli insegnanti di Trieste, da poco annessa all’Italia, con queste parole, che sembrano pronunciate oggi:

Educare significa agire sull’animo altrui, e però non abbandonarlo a sé stesso: destarvi un interesse che da sé non sentirebbe; volgerlo ad una mèta, di cui con le sole sue forze non scorgerebbe tutto il valore; spingerlo per una via che da solo non avrebbe lena a percorrere; e insomma dargli un po’ di noi, farne un carattere, una mente, una volontà, che sia pure la nostra creatura. E l’animo dell’educatore ondeggia tra il desiderio e lo zelo di curare e guidare lo svolgimento diritto rapido e sicuro dell’educando, e il timore di soffocare germi fecondi, di contristare con la sua opera presuntuosa la vita spontanea dello spirito nel suo slancio personale, di imporre all’individuo una veste non sua, una cappa plumbea, mortifera.

GIUSEPPE SCALICI

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