Pura astrazione e materialismo sciagurato duo

Una tendenza molto diffusa nella contemporaneità è l’idea che la pura teoria sia superiore a tutto ciò che rappresenta la concretezza, il reale. Che si parli di teoria di genere, dei più vari fenomeni sociologici, tutto ciò che ci circonda è pregno di astrattismo. Tali linee culturali hanno radici molto lontane. Fu dapprima il pensiero di tipo illuministico e liberale ad imporre tale agenda. Pretesa degli illuministi era isolare il raziocinio umano da qualunque ordine superiore e da qualsiasi sacro contesto, che si tratti della patria, della famiglia, dei culti, delle radici dei propri antenati, divinizzandolo e facendone il cardine per spiegare l’intera storia. Il marxismo non è che il figlio di questa corrente filosofica. Il proletario universale, non legato a nessuna tradizione e a nessuna patria, il lavoro che diventa arido strumento per analizzare ogni ambito della vita, slegato da tutte le sue più alte funzioni. Il tutto ci comunica inevitabilmente che un’autentica rivoluzione rispetto alle ideologie disgregratrici ottocentesche sta proprio nel recuperare i miti e gli archetipi, in quanto essi sono la realtà da cui la civiltà europea prese forma e sono il tramite materiale in cui i valori spirituali presero forma e si impregnarono nel sangue, nelle menti e nei cuori di chi da questi fu formato. Chiunque è animato da pulsioni materiali e mercantili, in realtà, è un assoluto astrattista, perchè, lontano da ogni tensione spirituale verso l’alto, non è in grado di vivificare ciò che lo circonda e di interpretarlo; ugualmente chiunque creda che si possa slegare spirito e materia, mente e corpo, chiunque a priori preferisca un trattato puramente teorico ad un romanzo, ad un racconto o ad un poema epico, anche se parte da una visione contrapposta a quella di tipo progressista, marxista o liberale, dimostra di esserne il prodotto perfetto. Platone spiegò la filosofia con il ricorso al mito, non col il nozionismo dogmatico

La nostra rivolta è totale. Noi non veneriamo la razionalità fine a se stessa, noi la riportiamo al posto che merita, ovvero di subordinazione agli archetipi sovrumani, e perfettamente incarnata nell’azione, in quanto un uomo che non agisce, che non da forma alla sostanza perde ciò che è il cuore caratteristico della sua natura e si riduce ad essere un imbelle facilmente rimpiazzabile.

FERDINANDO VIOLA

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