Né rossi, né neri… Una volta almeno c’erano i liberi pensieri. Oggi, invece, abbiamo un sottoprodotto de-ideologizzato di scuola, dove gli studenti devono vivere come in un centro di rieducazione, scontando non si sa quale “peccato originale” legato al sesso, individualizzati e separati da quella comunità-branco tanto odiata dal mainstream ed osteggiata dalla politica istituzionale.
Valditara vuole mettere al centro la “persona”. Nella storia mai termine fu più generico per qualificare un individuo: si è passati dall’oplite greco al cittadino romano, per arrivare dopo secoli alla “persona”. Un termine neutro che non qualifica alcun progetto dietro le apparenze: nessuna personalità giuridica, sociale, nazionale. La persona altro non è che un oggetto costruito a tavolino, rieducato alle varie culture del pensiero dominante antifascista, fuori dalla storia.
La Scuola Fascista è una scuola al “servizio dello Stato” nel senso in cui Stato non è un apparato burocratico elefantiaco ma espressione di una volontà e di un progetto comunitario. All’individuo astratto, non-cittadino – come fa un individuo così formato a percepire le sue responsabilità rispetto alla Res Publica? – e indebolito dalla “scuola costituzionale” e “rieducativa” che vorrebbe Valditara, il Fascismo oppone una visione di uomo/donna non solo come espressione economica, ma totale: popolare, sociale, associazionistica, comunitaria, solidale, nazionale, eroica.
Il pensiero debole di questi soggetti è il peggior antifascismo, perché costruisce nella Scuola una diga tra le nuove generazioni e la costruzione di una Patria italiana ed europea forte, coesa, non dipendente da nessuna “Carta” che non sia prima da essi scritta. È la scuola della subordinazione alla sconfitta, dell’abdicazione alla volontà, dell’abbandono di ogni progetto di grande politica. È la scuola globalizzata e precarizzante.
Ecco: avremmo preferito un commissario sovietico a Viale Trastevere piuttosto che questo deboluccio funzionario della fine della storia.
Sergio Filacchioni