Si è concluso l’VIII incontro europeo dei Lanzichenecchi ad Aix en Provence, dove erano presenti elementi identitari di Francia, Spagna, Polonia ed Italia. L’iniziativa raccoglie ogni anno attorno a Gabriele Adinolfi un folto gruppo di militanti ed intellettuali che si incontrano per discutere, giocare e fare comunità.
Ma cosa sono, chi sono i “Lanzichenecchi” e perché così si definiscono?
Innanzitutto, vogliono essere una Compagnia, una Gilda una Scuola, come si può leggere in un testo che li identifica. Il loro campo d’azione non è politico, vogliono agire per apprendere ed applicare metodi e strutture al servizio della politica e della metapolitica, atti ad imporre un cambiamento in profondità nella realizzazione dei principi. Privilegiano la formazione – personale, interna ed esterna – delle coscienze sulla base dei principi trascendenti ed attualizzati dalle nuove sfide della globalizzazione e delle trasformazioni in atto. Puntano alla formazione di reti o strutture di comunicazione e di intervento per una condivisa visione ideale del mondo, in qualsiasi forma lo si faccia. La Teoria deve comunque essere al servizio della pratica in un rapporto di sinergia organica.
Il Lanzichenecco ama il popolo e disprezza la folla, preferisce le idee che diventano azione rispetto al vuoto ed incapacitante parlare e hanno l’assoluta certezza della forza insita nell’Esempio. Motto dei Lanzichenecchi è “il primo nemico sei Tu” e si deve innanzitutto combattere e vincere le proprie debolezze e distorsioni. Certamente viene ribadita la sacralità della gerarchia, ma, anche in questo caso, di una gerarchia di principi e valori, funzionale ed interscambiabile. Quindi grande serietà, ma coniugata con una grande ironia anche di fronte alle avversità e alle tragedie, con la stessa filosofia guascona e scanzonata del “Me ne frego”.
I Lanzichenecchi considerano punti fermi del loro pensare ed agire: l’idea assiale, anche interiore, di Imperium, la Comunità di Destino, l’Europa unita ed indivisibile, la visione organica della società e dell’economia, l’azione continua su se stessi. Questo è il vero fuoco intorno al quale si riunisce la Compagnia di Ventura.
Con questo spirito e con queste impostazioni si sono vissuti questi giorni. Più nello specifico, i temi affrontati erano ovviamente collegati al presente: si è analizzata la situazione post pandemica e le difficoltà delle classi dirigenti a fronte di un calo evidente del consenso popolare, a fronte delle quali le forze politiche, rappresentanti il populismo e il rifiuto dell’attuale establishment, hanno dimostrato di non avere la capacità di cambiare le cose. Tsipras e 5 Stelle rappresentano gli esempi più evidenti di questi fallimenti.
Gli equilibri mondiali sono nel frattempo scossi da lotte intestine, determinate dalle esigenze di ricomposizione degli stessi. In questo contesto l’area identitaria non è stata in grado di impostare una reale strategia e anche su alcuni aspetti collegati alle ideologie di genere e woke, pur facendo una scelta corretta, ha operato scelte di retroguardia, senza proporre modelli attuali ma scevri dalle tentazioni “sovversive”. Emblematico che proprio un progressista, Elon Musk, sia riuscito a fare ben meglio. In sintesi si individuano tre aspetti che hanno caratterizzato in negativo l’azione dell’area identitaria: riproduzione di un modello passato, senza una reale capacità propositiva ed innovativa; speranza aprioristica nella capacità del “popolo” di raggiungere un punto di “saturazione” atto a farlo agire rovesciando le attuali classi dirigenti; infine l’incapacità di comprendere quanto poco contino i numeri del consenso rispetto alla forza delle lobbies.
Altro tema trattato èil fallimento delle cosiddette forze populiste, che alla prova dei fatti nella loro partecipazione al governo hanno dovuto fare esattamente il contrario di quanto promesso in campagna elettorale. Dopo il Covid, Fratelli d’Italia e Vox in Spagna hanno virato verso un “sovranismo europeo”, mentre in Francia si stemperano le polemiche contro euro e UE e in Polonia e nei paesi dell’Est risorge un nazionalismo, tuttavia inserito in un contesto europeo. Purtroppo questo realismo politico non ha contagiato le cosiddette destre radicali, determinando scelte diverse – dalla completa abulia alla autoreferenzialità – oppure di cooperare con l’area moderata o mantenere una autonomia operativa attivando azioni concrete in ambito culturale o sociale. Queste ultime scelte sono certamente valide. Le destre populiste o nazionali non vanno tanto valutate per per gli aspetti dogmatici, ma principalmente nelle prospettive di sovranismo europeo, di concezione societaria e sociale, di etnocentrismo.
Terzo argomento riguarda la palese contraddizione che vive l’Europa, spinta verso una maggiore coesione e nel contempo minacciata da divisioni e paralisi.
Infine, la guerra che, seppur certamente non auspicabile, riaccende lo spirito guerriero e rimodella il mondo. Infatti è evidente che un’importante aliquota di giovani di diverse nazioni, accorsi al fronte, si batte per affinità di ideali con i nazionalisti ucraini, ma con un innegabile sentimento di fratellanza europea.
Ultimo tema affrontato nei cenobi, parte focale dell’incontro di Aix, è il ruolo che i Lanzichenecchi si sono dati: quello cioè di non operare per sé stessi, ma per il bene comune.
Fondamentale è la sinergia incentrata su un’ idea d’Europa proiettata nel futuro, puntando sulla formazione e sul lavoro su di sé.
Con questa sessione di confronto si è conclusa l’ultima giornata dei lavori dell’annuale incontro in terra francese.
Direi che i temi trattati sono per molti aspetti speculari alle posizioni espresse da KulturaEuropa nel suo convegno annuale e riportate nel libro, che è poi anche in forte indicazione strategica “Europa Accelerazione Potenza”…. e anche questo è un buon segno portatore di interessanti e auspicabili sviluppi futuri.
Si ringrazia Gabriele Adinolfi per la documentazione messaci a disposizione.
Ettore Rivabella