L’Italia è un luogo meraviglioso. Dal punto di vista paesaggistico è caratterizzata da tutto quello che di bello la natura è stata in grado di offrire all’umanità. Chi non è innamorato delle sue alpi e dei suoi mari? Chi non apprezza la bellezza delle splendide isole Sardegna e Sicilia? Chi non resta estasiato di fronte alla magnificenza dei borghi medievali? In quale nazione si trovano città come Venezia o Napoli? Chi può vantare una meraviglia come Trieste? In quale parte del mondo vi è un luogo che a qualsiasi latitudine vanta illustri prodotti agroalimentari? In quale parte del mondo si può vantare una città come Roma, sintesi dei valori classici e cattolici, culla del diritto e regina assoluta di monumenti e arte? Gli esempi possono continuare all’infinito, in quanto una perfezione così assoluta non esiste altrove.
Come l’Italia però è esempio unico nel bene, lo è purtroppo anche nel male. Il popolo italiano infatti è l’unico in Europa ad avere scarsa consapevolezza della propria storia, del valore di unità e sintesi, che, come vedremo successivamente nel testo, è stato storicamente molto presente in Italia, e soprattutto della sua identità. Non è un caso, in effetti, che da noi movimenti secessionisti nel Nord o fenomeni neo-borbonici nel Sud abbondino e che le tesi circa il fatto che non esisterebbe un’identità etnica, genetica e storica del popolo italiano siano quelle predominanti. Ci sono momenti in cui la verità prevale su queste bizzarre teorie, ma quelli che le assecondano sono purtroppo più numerosi o, quanto meno, sono maggiormente messi in evidenza.
Non è un caso che la nostra sia l’unica nazione in cui si celebri una guerra perduta e non una guerra vinta, il giorno dell’unificazione, il 17 marzo, non venga celebrato e poco si sappia di ciò che portò a tale evento, il Risorgimento, di cui nemmeno vi è un monumento che abbia la funzione di celebrarlo in modo ufficiale. Siamo l’unica nazione in cui ci si scandalizza a pronunciare la parola Patria e ad essa si preferisce quella di paese. In pratica si vorrebbe dare all’Italia una semplice accezione geografica, rimuovendo qualsiasi principio fondativo della nostra nazione, che vada oltre il concetto di aggregazione di individui perfettamente uguali e fedeli ad un’entità statale burocraticamente intesa.
Come si fa ad eliminare questa tendenza generale declinata ovviamente nelle varie forme secessioniste, globaliste, progressiste e multiculturaliste? Rivendicando con orgoglio l’identità del popolo italiano, la centralità di Roma e confutando in modo preciso e programmatico le illazioni di chi asserisce che non esisterebbe un’identità genetica, etnica, culturale e storica del popolo italiano, come sopra accennato.
Uno dei mantra più gettonati, che credo in molti avranno più volte sentito, è il seguente: siccome la nostra penisola è stata sempre un vero e proprio crocevia del Mediterraneo, punto di approdo di tante genti, tante etnie e tante culture, non può esistere alcuna identità genetica italiana. Il fatto di per sé, però, non è totalmente vero e scientemente subisce modifiche comode, che possano conferire autorevolezza agli anti-nazionalisti. Se infatti, come riconobbe lo storico romano Tacito, nei tempi gloriosi di Roma Caput Mundi, il clima favorevole, l’ospitalità della terra e la grandezza dell’impero attiravano come una calamita altri popoli, a differenza di quanto avveniva in Germania, terra dalle caratteristiche all’epoca opposte a quelle del suolo italico, che aveva perciò mantenuto una certa “purezza etnica”, e nei secoli futuri, dall’alto Medioevo fino al Rinascimento, la situazione non è mutata notevolmente, non è realistico contestualmente porre questo tipo di mescolanza sul medesimo piano del multiculturalismo odierno. Per quali ragioni? La prima è che il patrimonio genetico attuale degli italiani è il frutto soprattutto della commistione di popoli indoeuropei. È perciò totalmente improprio parlare di melting pot, che si verifica, invece, quando vi è commistione tra gruppi macro razziali differenti. La sola presenza genetica non europea in Italia è riscontrabile esclusivamente nel periodo della dominazione araba in Sicilia, ma, non solo essa è stata circoscritta nel tempo ed è meno massiccia di quello che si crede, ma è anche riscontrabile esclusivamente in determinate zone della Sicilia, per l’appunto, non nelle altre regioni. Qualora poi qualcuno dovesse asserire che vi fu anche un’influenza orientale, dato che nel periodo di massima espansione dell’Impero Romano, molti furono i geni che da Oriente emigrarono a Roma, dovrebbe contestualmente poi ricordarsi che, quando l’impero cadde, vi fu un ritorno massiccio in Oriente e nuovi contatti nei secoli successivi non ci saranno. L’Italia di oggi non ha conservato nulla di quei geni, essendosi a partire dall’alto Medioevo “reitalicizzata”. Il dato interessante che emerge da questa disamina è che in Italia praticamente vi è la medesima varietà genetica che c’è in tutta Europa, al contempo però vi è una specifica identità nazionale.
La nostra patria è in definitiva la sintesi della genetica di tutti i popoli europei. È opportuno soffermarsi su questa parola “sintesi”. Infatti, quello che è stato fatto in Italia, nel corso della sua storia, consiste nella conciliazione di elementi etnici e culturali tra loro diversi, ma assolutamente complementari, in un ordine organico e superiore. La multietnicità, invece, altro non è che un agglomerato di elementi tra loro inconciliabili, che si conclude o con l’annullamento totale di essi o con l’incomprensione, le rivalità, il disordine, la conflittualità e la xenofobia reciproca. La sintesi invece è qualcosa che riesce a creare qualcosa di unico e straordinario, mantenendo le differenze. Ed è qui che Roma assume il suo ruolo centrale e fornisce una simbologia straordinaria. È con essa che incomincia la sintesi ed essa che principalmente la attuò. Cos’è infatti Roma se non all’origine l’unione di tre tribù differenti? Come avrebbe fatto a divenire egemone nella penisola se non avesse sintetizzato i valori delle varie popolazioni italiche, aggiudicandosi il ruolo di fondatrice del diritto? Come avrebbe fatto ad essere egemone nel Mediterraneo, se, oltre a distruggere Cartagine, cosa che prova tra l’altro che, dove non vi poteva essere armonia, la città eterna non si facesse molti problemi a distruggere e a spargere sale, non avesse unito ai valori del mos maiorum e alle sue incredibili doti militari la raffinata cultura ellenica? L’Italia postromana, sicuramente disunita, cos’è storicamente se non la commistione tra patrimonio culturale di Roma e l’audacia e la violenza germanica?
È tra l’altro assolutamente affascinante notare come, il che è perfettamente collegato a quanto sopra è stato riportato circa la sintesi italiana dei geni europei, gli elementi fondativi della civiltà europea per come noi la conosciamo, ovvero, filosofia greca, diritto romano, religione cattolica e arte militare germanica, siano tutti presenti nella città di Roma. Essa è l’unica città in Europa nella quale è possibile ripercorrere tutta la nostra storia.
Tornando al punto di partenza, circa la riaffermazione di un nazionalismo italiano, dopo questo breve excursus storico, si può dare per assodato che:
- Un nazionalismo italiano non può prescindere da Roma. Non a caso, quando ricordiamo il 1870 con la Breccia di Porta Pia, dovremmo più che parlare di Roma restituita all’Italia, di Italia ritornata a Roma
- Un nazionalismo italiano non può prescindere da un amore profondo per l’Europa e dal vedere essa come luogo naturale in cui l’Italia deve tornare a contare. Necessario è perciò che prima di ogni cosa torni a contare l’Europa
- Per nulla è vero che tra un siciliano e un veneto, o tra un lombardo e un pugliese, non vi sia alcuna similitudine, per fare qualche esempio, in quanto non solo essi sono all’origine il frutto della sintesi di Roma ed entrambi contengono elementi europei, ma dopo la caduta dell’Impero romano d’Occidente le gesta di Roma hanno continuato ad avere un ruolo unificatore, altrimenti, un padre della nostra patria come Dante mai avrebbe configurato l’idea di Italia unita prima che ciò tornasse ad essere realtà.
Come ulteriore spunto di riflessione si può aggiungere che gli stessi confini italiani, per come noi li conosciamo e come li concepirono gli irredentisti, furono per la prima volta disegnati da Augusto.
In conclusione, perché l’Italia torni ad essere grande, va valorizzata la cultura nazionale, ricordandoci che le differenze regionali sono sicuramente un valore ma sono tra loro assolutamente complementari, dobbiamo sentirci tutti figli di Roma, facendo risplendere nei nostri cuori quell’immagine stupenda della Lupa che allatta i due gemelli e simultaneamente quelle note del nostro splendido inno nazionale che ci ricordano che l’Italia è schiava di Roma, nel senso che la sua civiltà senza Roma non esisterebbe, dobbiamo cessare di vedere le altre nazioni europee come nostre nemiche, essendo esse vive nella sintesi che i nostri patres furono in grado di creare, e bisogna che recuperiamo il concetto di organicità in ogni ambito della nostra vita, il solo in grado di risolvere i grandi problemi della contemporaneità.
Ferdinando Viola