Oggi sentiamo spesso usare il termine “fascismo”. Viene sovente utilizzato da una certa sinistra come sinonimo di violenza e barbarie, quindi tutto ciò che non rientra nei canoni del politicamente corretto riceve sistematicamente l’etichetta, ormai svuotata di contenuti reali e deformata fino all’inverosimile, di “fascista”.
Ora, il fascismo è una dottrina, un sistema socio-economico, una visione combattentistica, in un parola sola: una Weltanschauung. Ciò che caratterizza il Fascismo è un’unione di idee che convergono all’interno di un unico progetto politico espresso nel simbolo arcaico del Fascio Littorio. Di origine etrusca, rappresentando il simbolo della Giustizia era associato all’imperium regale e successivamente magistratuale ed inoltre connotava le principali cerimonie pubbliche.
Senza dilungarci troppo sul significato metafisico, è sufficiente rimarcare la valenza politica delle forze unite verso un medesimo progetto per intenderne la capitale importanza, insieme politica e spirituale. Durante la Marcia su Roma troviamo, sullo stesso fronte, i nazionalisti, gli irredentisti che avevano evocato ed incarnato il mito della guerra, gli ardito-futuristi, i sindacalisti rivoluzionari, i mazziniani etc… L’opera principale dei Fasci di combattimento era imperniata su questi capisaldi: la rivendicazione dell’esperienza eroica vissuta durante la Grande Guerra, la valorizzazione della vittoria, la resistenza e l’opposizione alle degenerazioni teoriche e pratiche del socialismo politicante.
Il Fascismo mirava a divenire un soggetto politico, espressione ormai incomprensibile ad una certa forma mentis che vorrebbe perseguire una “rinascita” rimettendo il proprio destino ad altri Stati, siano essi gli Usa o la Russia. Finché non si capirà che la prima opera rivoluzionaria consiste nella nostra formazione, tanto nella sfera individuale quanto in quella comunitaria, non si uscirà mai da questa impasse; solo quando si diviene ciò che si è, laddove si assuma la consistenza propria del soggetto politico, soltanto allora sarà possibile scegliere i nemici o gli alleati. In caso contrario, rimarremo solo spettatori privi di ogni capacità di autodeterminazione sovrana, o meglio ancora Imperiale intendendo, con questo termine, la funzione stessa del comando, la realizzazione concreta per cui dalla mera potenza si realizza l’atto.
La peculiarità del fascismo consiste proprio in questa prospettiva, palesata apertamente al punto numero 8 della Carta di Verona: tale norma additava, come necessaria, una dimensione europea, una Europa dei popoli, o meglio ancora un Imperium continentale in grado di porsi come blocco autonomo, come soggetto geopolitico sovrano!
Il Fascismo non si intenderebbe senza scorgere il modo spiritualistico, il “Preludio a Machiavelli” evidenza la vittoria del Uomo mistico, dell’Uomo spirituale verso la sua natura inferiore, un processo spirituale (espresso nella Dottrina del Fascismo) che si realizza tramite la lotta, la stessa eraclitea lotta che caratterizza gli Arya nel trattato di Evola sulla “Lotta e Vittoria”.
Un mistico Fascista, Curcio, in un proprio scritto analizzava il fattore guerra all’interno della visione totalitaria ed onnipervadente del Fascismo “la lotta è l’origine di tutto, perche la vita è piena di contrasti (…) c’è l’amore e l’odio,il bianco e il nero, il giorno e la notte, il bene e il male e finché questi contrasti non si assommano in equilibrio la lotta sarà sempre nel fondo della natura umana”. Ecco la nascita della Mistica Fascista, una mistica politica, del primato dell’Azione su un certo intellettualismo, la totale abnegazione di se stessi tramite la comunione di sangue: una devotio politica. Tutto ciò che caratterizza la Mistica Fascista si può riscontrare nella Bhagavad Gita. Vive l’uomo dell’Azione; senza di essa come (ammonisce Krishna ) l’Uomo non è in grado di mantenere il proprio corpo. È l’azione disinteressata che muove l’Uomo Pio, quella Pietas di cui è intrisa l’Eneide, il cui protagonista Enea segue il volere degli dèi rinunciando a sé stesso per la propria missione. Quella rinuncia espressa da Tolkien, da Ulisse nell’Iliade quando ri-scopre la propria natura regale.
Al fine di approfondire queste sommarie considerazioni, giova la lettura di un libro intitolato il “Gentil Seme”, edito dalle AR. In questo breve saggio, scritto a più mani, viene fatto notare che Ulisse è “nessuno” lontano dalla sua terra; Odisseo è Re ad Itaca, così come Enea compie la propria missione, mutatis mutandis, reintegrando l’Unita Regale. Essa sola gli conferisce il titolo di Rex, senza reintegrazione eroico-sacrale il figlio di Anchise è nessuno, una persona in balia degli eventi.
E, d’altronde, cosa siamo noi oggi se non “nessuno”? La nostra missione consiste nel radicarci nell’Essere, soprattutto nello sconfiggere un’entità nemica della nostra nazione, rifiutando il mero nostalgismo delle forme del passato, dove si dimentica la nostra essenza a-temporale nel vano tentativo di reiterare una forma anacronistica e, proprio per questo, meramente reazionaria, anti-rivoluzionaria. Al contrario, la Dottrina deve essere proiettate verso il presente, non al passato, bisogna essere “tempisti” (come ripeteva lo stesso Mussolini), trovare la formula per adattare il tutto all’oggi, al nostro quotidiana ed alla nostra epoca. Esprimendoci per analogia con il nostro poema sacro, noi ci dobbiamo occupare di Iulo più che di Ascanio, traendo dal retaggio dei Padri nuova linfa per il presente. Ormai Ascanio ha compiuto la propria missione “dharmica” ed è proprio costui che presenta ad Enea il suo futuro dalla discendenza di Iulo nel VI libro dell’Eneide.
Essere, ritrovare il sovrano dentro di noi, tornare ad Itaca, divenire Soggetti Politici, solo allora incarneremo la vera essenza del fascismo rivoluzionario.
Gianluca Reale