La morte di Berlusconi, a prescindere dal giudizio che su di lui si possa avere, segna uno spartiacque nella storia contemporanea italiana, dal momento che la scomparsa del leader di Forza Italia simboleggia la fine ufficiale della seconda repubblica, se è vero, com’è, che il politico più rilevante dell’ultimo trentennio è stato lui.
Tale evento, però, si è trasformato in una triste constatazione, l’ennesima, del misero livello culturale cui parte della cosiddetta area si è ridotta.
Certamente qui non si difenderanno le idee liberali di Berlusconi e nemmeno il berlusconismo; ciò non impedisce però di leggere con il senso della realtà i fenomeni.
Molti presunti camerati hanno esultato per la morte di Berlusconi, accusando tutte le persone di “destra” che gli hanno invece tributato un pensiero di essere traditori, incoerenti, etc. Lor signori hanno rivelato per l’ennesima volta la propria natura intrinseca. Ciascuno di questi tizi, se gli si domandasse a quale tipo umano reputano appartenere cose come festeggiare sui cadaveri, gioire della morte di qualcuno e versare il proprio livore su chi è incapace di difendersi, risponderebbe con sostantivi o aggettivi come partigiano, compagno, traditore, vile etc. Tutto perfettamente giusto. È esattamente questo infatti l’animo che muove coloro i quali hanno esultato per la morte di Berlusconi. Non a caso si sono lette e ascoltate oscenità sia da chi è dichiaratamente appartenente alle categorie sopracitate, sia da chi va a comporre quella ambigua fetta dei rimasugli terminali d’area, gli stessi che, per intenderci, da anni si dedicano a fare le cheerleaders di Trump, Putin, Johnson, a seconda dei periodi, gli stessi che dileggiano con epiteti ignobili gli ucraini che difendono la propria patria e bollano come servi degli USA gli eroi del battaglione Azov, immolatisi dopo giorni di sacrificio per difendere il sacro suolo della loro terra, le loro famiglie e i loro camerati.
Sia ben chiaro che con quanto fin qui asserito non vi è la minima intenzione di bollare come caso umano chiunque non riconosca dei meriti a Berlusconi o chiunque abbia ritenuto di non esprimere sentimenti di cordoglio, magari evidenziando i suoi difetti, che sicuramente aveva, e anche molti, ma soltanto di dar voce alla vergogna che chi davvero per l’Idea sarebbe disposto a sacrificare quanto ha di più caro prova nel percepire di poter minimamente essere assimilato agli sciacalli che sfruttano la morte di chi non è loro gradito come rivalsa delle proprie frustrazioni personali.
Dopo questa lunga e necessaria premessa, è fondamentalmente passare alla fase successiva, quella che motiva il titolo dell’articolo.
In molti ieri hanno attribuito a Berlusconi la responsabilità dell’annacquamento dei valori della “Destra”. Si dia per buono l’utilizzo della parola destra per racchiudere e definire al meglio i valori che il Movimento Sociale italiano si propose di raccogliere e di continuare a difendere dopo la fine della guerra e la caduta del fascismo, il punto è questo: se la “destra” ha smesso di essere tale non è colpa di Berlusconi. Egli sicuramente ha rappresentato idee liberiste in economia, certamente aveva tra i suoi valori fondanti di meritocrazia l’abilità di guadagnare quanto più denaro possibile e certamente ha badato ai propri interessi economici e non a voler propagandare una nuova egemonia culturale. Il problema che molti dimenticano è il seguente: lui era un imprenditore, tra l’altro molto abile, e non ha mai celato la sua natura. E l’uomo imprenditore, per sua natura, tende a guardare al profitto. C’è chi affermerà che un uomo troppo invischiato in affari privati non dovrebbe guidare lo stato. Verissimo! Ma a taluni bisognerebbe rispondere “è la democrazia, bellezza!”.
Ci si è forse dimenticati perché l’ideale fascista aveva come fulcro l’alternativa corporativa e la gerarchia fondata sui valori spirituali? Proprio perché ogni uomo è portato al raggiungimento dei propri interessi e la realizzazione di uno stato quanto più giusto e funzionale sta nell’armonia delle parti e nella concordia ordinum, affinché le prerogative del singolo coincidano con quelle della comunità. Nel momento in cui invece si stabilisce che è la democrazia liberale la salvezza, ovvero che la sovranità del popolo si esprima tramite i partiti eletti in parlamento, non ci si può sorprendere che i rappresentanti eletti badino al proprio tornaconto, ergo non può stupire che si guarderà il tutto nell’ottica del meno peggio e non del meglio. Se si parla di Berlusconi, davvero si ha il coraggio di sostenere che con lui sia incominciato il decadimento e non che esso invece ha rappresentato una costante fin dai primissimi tempi del dopoguerra? Chi ha inventato la lottizzazione del potere, l’egemonia culturale di sinistra nelle università, la dipendenza dal partito di turno per avere un’occupazione etc? Berlusconi o la famosa classe dirigente che ha redatto la costituzione? Forse non si ha più memoria di ciò che ebbe a dire Renzo de Felice ben prima dell’arrivo di Berlusconi, ovvero che tramite la clava dell’antifascismo si è attuata la lottizzazione dell’Italia? La caratteristica fondante di Berlusconi era il far parte di un certo sistema da una parte, ma anche il contrastarlo. Inoltre, al netto di altri meriti che ebbe e dei difetti fin qui elencati, vi è un’accusa totalmente infondata che in molti gli muovono, ovvero quella di aver costretto la destra a convertirsi all’antifascismo.
I più evidentemente sono alquanto smemorati, viceversa saprebbero che tutte le abiure, le prese di distanza e i cambiamenti furono il frutto di precise azioni di una certa classe dirigente. Non è stato Berlusconi a volere la svolta di Fiuggi, che, tra le altre cose, venne fatta quando il primo governo in cui era presente il Movimento Sociale italiano già non esisteva più. A dichiarare cose indegne sul passato e sulla propria storia non fu Berlusconi ma un uomo come Gianfranco Fini. A voler confluire nel PdL fu soprattutto Fini, ambizioso di entrare nel Partito Popolare Europeo e di sostituire Berlusconi. A cercare ancora oggi la legittimazione degli ambienti antifascisti sono spesso i principali esponenti di Fratelli d’Italia, anche laddove non arrivi alcuna pressione. Fabio Rampelli, recentemente, in più interviste ha dichiarato di essere stato lui ad aver in qualche modo anticipato la svolta di Fiuggi. La rivisitazione di Almirante, falsa, che lo vede come padre della destra conservatrice è tutta interna a certi ambienti di Fratelli d’Italia che hanno tra i loro riferimenti non Evola e Romualdi, ma Reagan e la lady di ferro.
È ora di iniziare a prendersi le proprie responsabilità e di agire conseguentemente e coerentemente, senza trovare di volta in volta un comodo capro espiatorio. Tale atteggiamento mentale, molto in voga negli ambienti terminali, è quello che poi porta al disfattismo, al reazionarismo più bieco , al complottismo e a tutte quelle pulsioni deleterie che imprigionano gli animi e impediscono di operare attivamente sulla realtà. Se si vuole fare recuperare alla destra la sua cultura e i suoi valori storici di riferimento, ciascuno si chieda in primo luogo in che modo contribuisce al progetto e si proietti nel futuro, senza mistificare comodamente il passato, come soliti sono fare i nemici.
Ferdinando Viola