Tra le tante idiozie che la vulgata comune racconta sulla Seconda Guerra Mondiale, una merita particolare attenzione, alla quale, dopo un breve excursus storico, subentrerebbe necessariamente ilarità, se non fosse che su questa falsità si è montata una propaganda che ha annientato qualsiasi tipo di dibattito e di analisi.
L’idiozia in questione è quella secondo la quale a contrapporsi al male assoluto del razzismo incarnato nell’ideologia fascista fossero i regimi liberali e democratici, portatori della filosofia dell’uguaglianza dei diritti degli uomini a prescindere dalla razza di appartenenza.
Tutto ciò è molto interessante, vi è però un piccolo problema.
Negli USA, la forza che insieme all’URSS ha contribuito maggiormente all’esito della guerra, in quel periodo storico i neri erano considerati dei subumani e non godevano nemmeno di 1/10 dei diritti che spettavano invece ai bianchi. Sempre in questa meravigliosa confederazione portatrice di pace e civiltà, tutela dell’Occidente (spero si comprenda l’ironia), gli italiani lì emigrati, fino a poco tempo prima che scoppiasse la guerra, venivano considerati non appartenenti alla razza bianca in base alle tesi degli scienziati americani, in quanto avevano la pelle leggermente olivastra, e godevano di una condizione non molto dissimile da quella in cui si trovavano gli afro. Sulla base di questo razzismo contro gli italiani – razzismo inteso ovviamente con l’accezione che comunemente si da a questa parola – vennero condannati a morte ingiustamente Sacco e Vanzetti.
Basta studiare la storia nelle sue linee più essenziali per comprendere come quanto ci viene proposto come verbo intoccabile, quasi divino, sia niente di più che una colossale e stravagante menzogna.
A ulteriore conferma del fatto che buona parte dell’impianto storiografico consista in una narrazione forzata e ideologizzata, vi è l’atteggiamento delle potenze europee tenuto nei confronti degli abitanti delle colonie africane.
L’Inghilterra, per esempio, mentre imponeva sanzioni all’Italia che aveva osato conquistare l’Eritrea e l’Etiopia, compiva ai danni dei popoli ad essa assoggettati crimini inimmaginabili. Questi venivano reputati animali da sfruttare. E, andando ad osservare la situazione di chi subiva il colonialismo belga o francese, non si riscontrano grandi differenze.
In buona sostanza, tutte le nazioni che avrebbero combattuto dalla parte giusta, quella dell’antirazzismo e della dignità umana, vantavano insigni scienziati e ideologi profondamente xenofobi, i quali, per giustificare il depredamento, lo sfruttamento intensivo e la schiavitù, teorizzavano l’inferiorità delle genti che sottostavano al potere delle democrazie liberali e capitaliste.
L’Italia fascista, invece, quell’Italia sporca, degenere e delinquenziale, in mano alle terribili camicie nere, mentre in certi paesi si dibatteva su quanto fossero umani gli africani, liberava l’Etiopia dalla schiavitù e lì vi costruiva strade, ponti, acquedotti e abitazioni. E proprio in Eritrea, in Etiopia e in Libia gli autoctoni godevano dei medesimi diritti degli italiani, esattamente come venne tutelata la loro libertà religiosa. Parlando oggi con la gente di quelle nazioni ancora è ravvisabile la profonda gratitudine che ha verso il popolo italiano.
Un capitolo di storia come questo andrebbe approfonditamente studiato certamente dalla generalità delle persone che ancora si bevono le favole dell’antifascismo di maniera, ma vi è anche un’altra categoria che ad esso dovrebbe prestare la dovuta attenzione, quella di coloro i quali si sentono camerati non rifacendosi agli ideali del fascismo, ma a quelli di colui che il Berizzi di turno descrive come neofascista, ovvero un tizio che va a prendere a bastonate i senegalesi, non molto dissimile dal disagiato americano, strenuo difensore della civiltà americana, che i nostri antenati combatterono, e che confonde la difesa della propria etnia, della propria identità e della propria stirpe con la xenofobia da operetta, che fa esattamente il gioco della propaganda liberal internazionale, proveniente da un paese che, tra le altre cose, è l’esempio della società multirazziale, o meglio, della società che con un mescolamento continuo mira ad annullare le razze stesse.
È bene ricordarsi questo: credere nelle differenze etniche non significa odiare di volta in volta una certa etnia. L’Europeo non odia l’altro, salvo questo non gli muova guerra. È proprio l’amore che si ha per le varie razze che ci spinge a volerle preservare e non auspicare che vengano annullate.
Ferdinando Viola