La politica italiana, dopo gli esperimenti fallimentari di un terzo polo di marca populista o centrista, si riavvia verso i binari “tradizionali” del confronto tra centrodestra e centrosinistra.
A destra – caso che andremo a esaminare – dopo la breve e triste parentesi del sovranismo (da cui sono scaturite minoritarie isterie cospirazioniste e reazionarie), torna in auge il conservatorismo. Una presa di posizione da parte del Presidente del Consiglio Meloni, già presidente dei conservatori europei, che sembra dettata da un desiderio di smarcarsi dai sovranisti e intestarsi, quantomeno in termini linguistici, una contrapposizione al progressismo.
Ricordiamo che, per definizione, il conservatorismo è “un’ideologia che diffida dai mutamenti improvvisi e sostiene l’opportunità di preservare un determinato stato istituzionale, religioso, sociale, avversando o ritardando il progresso(e la trasformazione) di idee, forme e istituti politici e sociali. Si oppone al modernismo e ricerca un ritorno ai valori tradizionali”.
Ma è davvero questa la strada da percorrere per tentare di risollevare le sorti della Nazione? A parere di chi scrive no, o almeno non del tutto. Potrebbe essere una mossa azzeccata dal punto di vista strettamente elettorale, ma a livello strutturale il conservatorismo presenta diversi limiti prospettici e di visione del mondo del domani, quella che i filosofi tedeschi avrebbero definito “Weltanschauung”. Nonostante ci sia ben poco da conservare nella società attuale, possiamo considerare il conservatorismo un rallentatore degli eventi, una leva del freno mal funzionante per qualcosa che comunque accadrà. Certo, vanno anche preservati alcuni aspetti fondamentali dei nostri popoli come tradizioni e identità, ma senza ostacolare i cambiamenti e il progresso, che è anch’esso parte della nostra civiltà millenaria.
Troppo spesso infatti, sia in ambienti istituzionali che militanti, sentiamo parlare a vanvera di futurismo, delle famose citazioni di Marinetti o delle belle opere di Boccioni e Balla, ma sempre con quel noiosissimo spirito nostalgico e passatista che nulla ha a che fare col movimento avanguardista fondato agli inizi del novecento. Si cade spesso nell’errore di equiparare ogni forma di progresso al progressismo woke, senza saper scindere le due cose. Si tende a rifiutare o frenare qualsiasi tipo di cambiamento anziché cercare di dominarlo, come nel caso recente della IA. Ci si rifugia dietro formule egualitarie catto-comuniste, anziché cercare il superamento di noi stessi.
In conclusione, possiamo affermare senza alcuna presunzione, che non bisogna voltarsi indietro o peggio ancora fermarsi. Occorre guardare coerentemente avanti, accelerare verso vette inesplorate. Riconciliare tradizione e modernità, Evola e Marinetti. Archeofuturismo.
Pierpaolo Cicciarella