IL CONSERVATORISMO IMMAGINARIO

Il 6 Aprile scorso si è svolto a Roma il Convegno sugli “Stati Generali della Cultura Nazionale”, che ha visto la partecipazione di un variegato mondo di riviste, associazioni, intellettuali e politici più o meno organici alla Destra di Governo.

Abbiamo seguito con attenzione l’evento, per capire cosa si muove all’interno di un mondo che vuole darsi un impianto culturale all’altezza dei tempi e che sembrerebbe ambire a scalzare l’egemonia culturale della sinistra cosiddetta “progressista”.

Come prima riflessione, possiamo dire che ciò che è emerso dal Convegno lascia un po’ a desiderare sotto il profilo del contenuto di questa presunta “visione”, che oltre a darsi attributi e connotazioni lessicali quali “identita’”, ”nazionale” e “conservatorismo”, non ha poi fornito a questi termini alcuna declinazione teorica e pratica che non vada oltre il mix tra un nostalgico richiamo al liberalismo di Croce ed al nazionalismo ottocentesco e una strizzatina d’occhio al conservatorismo di stampo anglosassone, quest’ultimo, a ben vedere, in netto contrasto con un discorso prettamente identitario italiano.

Detto ciò, ci sembra che la vera debolezza di fondo dell’intero impianto teorico alla base della proposta “conservatrice” emersa dal Convegno risieda nel fatto che difficilmente può nascere un progetto culturale basato solo sull’antitesi con la “woke culture” o il “politicamente corretto”, punte di lancia del “progressismo”, se non si ha ben chiara quale Visione del Mondo alternativa si intende rappresentare e su quali basi teorico-pratiche metterla in atto.

La seconda considerazione è che, nell’epoca della globalizzazione, dell’interconnessione economica, dei grandi blocchi continentali, delle sfide legate all’Intelligenza artificiale e della robotica, il rinchiudersi in una visione culturale prettamente “piccolo nazionalista“, non aiuta di certo a comprendere fino in fondo i nessi che intercorrono oggi tra Capitale e Società, tra Accelerazione della Tecnica e Rappresentanza politica, e ancor meno permette di dare risposte sul piano sociale e della partecipazione o su quello delle emergenze globali.

In terzo luogo, la totale assenza dal convegno del mondo della Scuola e dell’Università, luoghi di formazione e irradiazione culturale colonizzati e narcotizzati da sempre dalla sinistra più rancorosa, fa pensare che anche stavolta la Destra istituzionale stia tralasciando una delle priorità su cui è necessario iniziare finalmente ad incidere e imprimere una svolta essenziale e necessaria per costruire una reale alternativa che possa durare nel tempo e nello spazio.

Il voler rimuovere poi una parte consistente, forse la più “sofisticata” e “viva” in termini di innovazione, elaborazione e analisi, di Autori e contributi culturali “scomodi”, dona al tutto la sgradevole impressione di essere funzionale al solo progetto di connotare un‘intera area di pensiero sotto l’inconsistente etichetta “conservatrice”, che per qualche funambolo del pensiero acrobatico, vuol dire provare ad essere al riparo dagli strali della sinistra.

In conclusione, se ci siamo occupati di questo Evento è perché ravvisiamo un pericoloso appiattimento del dibattito su posizioni reazionarie e conservatrici, mentre all’Italia gioverebbe di più un rinnovato fermento culturale proiettato finalmente verso il futuro, che prenda in considerazione la complessità del mondo moderno senza rimozioni, ne censure.

REDAZIONE KULTURAEUROPA

Un commento

  1. Ineccepibile dalla prima all’ultima parola.
    Anche questo convegno da l’idea di un occasione sprecata e di una mano di bianco su un muro pieno di m… .
    Senza una visione del mondo all’altezza dei tempi e in connessione con i tempi, le proposte di questo o di qualsiasi altro governo, serviranno solo a sprecare la possibilità di incidere e di dare forma a quella modernizzazione di cui l’ Italia ha bisogno per ritornare a avere un ruolo di potenza.

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