Si è molto parlato, e giustamente, negli ultimi giorni dell’elezione di Elly Schlein a segretaria del Partito Democratico, la più grande forza della sinistra italiana. Partito che, con le ultime elezioni politiche, ha conseguito risultati poco brillanti, circa quattro milioni di voti, contro gli otto milioni delle consultazioni, ormai “preistoriche” del 2013.
La vittoria della Schlein deriva da molti fattori, non ultimo il nuovo Statuto del partito (novembre 2022), che prevedeva la partecipazione all’elezione, in seconda battuta, anche dei non iscritti. Infatti i circoli ufficiali avevano promosso Stefano Bonaccini, esponente tradizionale del Partito, con il 52,8%, mentre i famosi “gazebo”, aperti a tutti, quindi anche a simpatizzanti di altre formazioni politiche che non avevano votato per il PD, hanno ribaltato il verdetto assegnando alla Schlein il 53,8%. Un’anomalia, forse, ma vista la consueta attenzione di una forza politica lontana erede del PCI ad aspetti procedurali e a tutte le alchimie concernenti i momenti elettorali, non si può escludere che l’esito sia stato voluto.
Esito che, ci sembra, avrà non poche conseguenze, non solo per una sinistra, minoritaria ma sempre detentrice di posizioni di autentico potere e con rapporti organici con i media, in grandissima parte schierati a senso unico nella conquista della “società civile”, riverbero delle teorie di Gramsci, e nel presentare il progressismo, vero o presunto, quale luogo della Giustizia, del Bene, impegnato, in nome di sbandierati “diritti civili” o, per meglio dire presunti tali, sempre contro qualcosa o qualcuno.
Quindi lotta continua contro i “rigurgiti fascisti”, le “ondate nere”, il “razzismo”, la xenofobia, mistificando in modo continuo, scientifico, la realtà, come purtroppo visto con i recenti fatti di Firenze.
Che poi si tratti di questioni reali o immaginarie poco importa. Il messaggio, continuamente veicolato, deve comunque passare, nonostante il fatto che la stragrande maggioranza degli Italiani la pensi in modo del tutto diverso, come appunto dimostrato dalle ultime elezioni politiche ed amministrative, che hanno premiato le Destre.
Altra anomalia, dunque. Con l’aggravante, a nostro avviso, di una certa, come dire, subalternità psicologica di quest’ultimo schieramento, oggi al Governo, sempre pronto a giustificarsi per ogni decisione, a negare, anche in modo antistorico e grottesco, simpatie per modelli del passato, a esprimersi spesso in quei termini “antifascisti” tanto cari alle sinistre.
Ma torniamo alla Schlein.
Siamo convinti che non sia una persona sprovveduta, o la portavoce di altri, pur essendo sostenuta da vecchi quadri del partito, come gli ex ministri Franceschini e Orlando, solo per fare due nomi. Non concordiamo con coloro che vedono nella sua segreteria un vantaggio per la Destra di governo. È vero: la Schlein si esprime non con argomentazioni strutturate di largo respiro o con visioni strategiche, ma per slogan e con un frasario da sinistra radicale woke statunitense, che, peraltro, bene interpreta, avendo partecipato alle campagne elettorali di Barak Obama. Ma sono slogan e parole d’ordine in grado, potenzialmente, di aggregare ambienti disorientati, che hanno manifestato con l’astensionismo il distacco dalla politica.
Un PD, dunque, che potrebbe trovare una collocazione rinnovata attraverso tale operazione camaleontica. Tutto questo potrebbe portare a quel nesso fra apparati di partito ed elettorato, finora mai consolidato. Un partito che, lo ricordiamo, nella sua non lunga storia iniziata nel 2007, ha cambiato nove segretari. Un partito “mai nato”, secondo un lapidario giudizio di Massimo Cacciari, ma che, pur non avendo mai vinto elezioni, ha sempre governato, con la breve eccezione del periodo giallo-verde.
Osserviamo che la prima mossa pubblica della Schlein sarà la partecipazione al grande corteo antifascista militante previsto per sabato 4 marzo. Sono scenari, purtroppo, già visti, con le loro tragiche conseguenze, che i meno giovani ben conoscono.
Giuseppe Scalici