Grazie alle Edizioni Passaggio al Bosco, possiamo leggere un saggio di alto profilo dal titolo “Europa Potenza, una geopolitica continentale dinanzi al mondo”.
Autore è Olivier Eichenlaub, docente universitario di scienze sociali e geografiche, membro del prestigioso Institut Iliade e, fra l’altro, collaboratore di spicco della celebre rivista Éléments.
Si tratta della trascrizione di un suo intervento presso il IX Convegno del citato Istituto, tenutosi in data 2 aprile 2022.
Europa Potenza, una tematica centrale e, nel contempo, di stringente attualità, più volte oggetto della nostra attenzione. E ora in modo particolare, data l’oggettiva mira dei due imperialismi eredi di Jalta, quello statunitense e quello russo ex zarista ed ex sovietico, antagonisti a parole ma fattualmente uniti nel disegno di ridurre l’Europa ad un ruolo di subalternità e di irrilevanza negli equilibri globali.
Il saggio di Eichenlaub è ben consapevole della morsa in cui dal 1945 si trova il nostro continente. Prende le mosse, esplicitamente da Terra e mare (Land und Meer, 1942) di Carl Schmitt, attualizzandone le prospettive in vista di un futuro possibile, visto come realistica riconquista di centralità, nei contesti in essere, e non come supina continuità e prona adesione al mondo liberalcapitalista, da una parte, o ad un Oriente decaduto ormai a brutta copia del nichilismo materialista delle stesse democrazie atlantiste.
L’Europa, sostiene Eichenlaub in modo documentato, ricco di riferimenti storici, culturali e ideali non può ridursi ad una espressione geografica, a penisola periferica dell’Eurasia o, per essere più precisi dell’Eurafrasia. L’Europa ha una sua specificità, pur nelle differenze fra i popoli e le nazioni che la compongono. Specificità che affonda le proprie origini remote, ma mai sopite, nel pensiero filosofico ellenico e nel diritto, così come nella visione imperiale, non meramente imperialistica, di Roma.
La storia del vecchio continente è storia di contatti continui, di scambi commerciali, ma soprattutto culturali. Ma è anche storia di contrasti, guerre intestine e prospettive diverse: basti pensare da un lato alla vocazione espansionistica lungo le rotte oceaniche, tipica dell’età moderna e del tramonto della centralità mediterranea, di alcuni Stati dei margini occidentali, dall’altro alla centralità di un’egemonia secondo il nomos della terra, caratteristica del mondo imperiale germanico.
Un’Europa che ha conosciuto, e molto opportuni sono i riferimenti apportati dall’Autore, contrasti e divisioni o per motivi religiosi, o per angusti primati economici, o per ragioni legate a egoismi piccolo nazionalistici.
Eppure, una spinta unitaria, capace di andare oltre la frammentazione in ridotte entità facilmente dominabili da potenze esterne e di fatto ostili, si è fatta strada nel corso del Novecento. Da un punto di vista istituzionale si pensi al Trattato di Roma del 1957, alla CEE e all’Unione Europea, con i suoi fondamentali trattati di Maastricht e di Schengen.
Ma tutto ciò non è sufficiente.
Si sente urgere la necessità della trasformazione dell’UE in uno Stato a tutti gli effetti, con una generale e autonoma visione strategica, una politica estera comune, un esercito proprio. E sembra ancora da costruire, o ri-costruire, una Nazione Europa, sentita interiormente quale casa comune da tutti i suoi abitanti.
E, da questo punto di vista, è doveroso ricordare due grandi italiani del passato: Giuseppe Mazzini, che auspicava la creazione di un’Europa dei popoli centro propulsore spirituale per l’intero mondo; e Giovanni Gentile con la sua concezione dello Stato, per cui la Societas, luogo naturale dell’uomo “vivente politico” deve trovarsi in primo luogo nella dimensione profonda dell’individuo, in interiore homine. Se tutto deve ridursi ad amministrazione economica e ad apparati burocratici sentiti come estranei o a una tecnocrazia pervasiva e priva di tensioni superiori, verticali, priva di qualsiasi riferimento al Mito e all’Eterno, ogni Civiltà decade e scompare.
Giustamente, nota Eichenlaub, che bene interpreta l’esemplarità di Dominique Venner: «È chiaro che una rinascita europea deve poggiare su un apparato politico rinnovato e liberato dall’ignavia che ha trascinato il continente nel suo deplorevole stato di “letargo” […] Urge più che mai impegnarsi anche in una riconquista “cognitiva”, riappropriandosi o riscoprendo la storia, la geografia e le peculiarità di ogni popolo d’Europa. Per rinnovarsi e definirsi come soggetto politico inedito, l’Europa deve ispirarsi sia al modello della Nazione che a quello dell’Impero, in un sistema federativo che non la riduce a un super-Stato, ma la esalta invece come una comunità, una cultura e un destino.» (1)
La fase storica che stiamo attraversando presenta criticità e contraddizioni evidenti, su cui molte volte ci siamo soffermati.
Ma le potenzialità di una via d’uscita esistono, da tutti i punti di vista. Devono concretizzarsi, trasformarsi in atto. E questo dipende anche, e, forse, soprattutto, da noi. Dipende, per ricorrere sempre al Mazzini, dalla capacità della semplice massa di individui atomizzati di trasformarsi, attraverso un’opera di educazione portata avanti da élite preparate e consapevoli, in popolo, in Nazione.
L’alternativa sarebbe il nulla, sarebbe, per utilizzare un’espressione troppe volte ripetuta in altri contesti, la “fine della storia”.
E il saggio di Eichenlaub rappresenta di certo un vademecum per chi intenda procedere nella direzione della riconquista di un autodominio interiore, prodromo di una rinnovata affermazione di Civiltà. Di un’Europa Potenza.
Giuseppe Scalici
1. O. Eichenlaub, Potenza Europa, trad. e note di F.Rinaldini, Passaggio al bosco, 2023, pp. 90-91.