Intervista ad Adriano Scianca, Direttore del Primato Nazionale e membro del Comitato Scientifico di Kulturaeuropa
Adriano, negli ultimi mesi Kulturaeuropa, insieme ad altre realtà culturali, ha rilanciato il tema della Partecipazione in un’ottica di superamento delle attuali strutture di rappresentanza. Pensi sia possibile dare sostanza a questo tema, fuori dalla solita logica semplicemente declamatoria e rituale del termine?
È sicuramente una delle sfide cruciali che ci attendono. La partecipazione, anziché la delega, era anche la chiave che per esempio alcune delle rivoluzioni del secolo scorso avevano trovato per superare la democrazia liberale. Corporativismo e socializzazione andavano in questo senso, ovvero verso un’idea di democrazia qualitativa, organica, partecipata. Oggi l’esigenza si fa ancora più pressante, perché un uso distorto delle nuove tecnologie ci ha reso spettatori passivi, per di più spettatori che credono di partecipare.
Ritieni che la Partecipazione, nonostante l’atomizzazione imperante, sia estensibile come principio “aristotelico” all’intera società? Oppure pensi che sia un tema afferente solo al governo del mondo del lavoro e dell’economia?
La Partecipazione è una delle chiavi per ripensare il politico. Pensiamo alla definizione di democrazia che dava Moeller van den Bruck: «La partecipazione di un popolo al proprio destino».
La Rivista Prometheica, di cui sei uno degli animatori, insiste molto sul tema
dell’Accelerazionismo: in quest’ottica, è possibile immaginare quale potrà essere in futuro il rapporto tra Tecnica e Politica? In poche parole, quali forme di rappresentanza dei corpi intermedi è possibile ipotizzare nell’epoca del “Prometeismo”?
È ovvio che la tecnica oggi rende possibile forme di partecipazione diretta un tempo
irrealizzabili su vasta scala. Se la cosa è pensata al di fuori dell’ottimismo naif con cui il tema è stato declinato ad esempio dal mondo grillino, se non si ha una visione “messianica” di internet, si possono ipotizzare meccanismi decisamente innovativi.
La postdemocrazia in politica, la quarta rivoluzione industriale nel mondo dell’economia e delle relazioni sociali. Quali risposte si possono dare a questa crescente dicotomia?
Tema vasto e che coinvolge un più ampio progetto di Civiltà. Credo che le trasformazioni tecnologiche possano comportare, anziché una estinzione del politico, una sua sublimazione, nella misura in cui il politico può essere ripensato per essere all’altezza delle sfide presenti. Ovviamente va abbandonato il nostalgismo reazionario e impolitico per il «mondo di prima» e la credenza irrealistica di poter semplicemente bloccare certe dinamiche. Ma, per esempio quando parliamo di moneta elettronica, perché non darne una declinazione che ne faccia un perno della sovranità, anziché un elemento destabilizzatore? Intelligenza artificiale, robotica,
ingegneria genetica sono le grandi questioni del futuro. Sono questioni politiche, il politico deve capirle, innervarle, dirigerle, interpretarle. Se invece continuiamo a pensare il politico come «altro» dalla tecnica, fatalmente la tecnica colonizzerà e spolperà il politico.
Ritieni possibile mettere in discussione in modo efficace gli attuali “modelli sociali di riferimento”? E in quest’ottica, quale ruolo può giocare Kulturaeuropa ed in generale il mondo culturale che potremmo definire, per comodita’ espositiva, “non conforme?”
Formazione e contro-informazione, tanto per cominciare. Creazione di un immaginario, di parole d’ordine alternative. Strutturazione di analisi che possano essere usate poi da vari addetti ai lavori. L’obbiettivo ulteriore potrebbe poi essere la creazione di circuiti economici e umani alternativi in grado di fornire autonomia. Ma so che sono temi di cui si parla da anni. Cominciamo a far bene le cose immediate, poi si vedrà.
REDAZIONE KULTURAEUROPA
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