La salubrità di una Nazione, una che si possa definire tale, si riflette a pieno nella sua estetica, che altro non è se non essa stessa.
E l’estetica, piaccia o meno, è riflesso della cultura nazionale, è struttura e non sovrastruttura, ed è perciò contraria al nulla.
Non è un caso che la maggiore manifestazione culturale della Repubblica italiana sia il festival di Sanremo, la kermesse del “nulla” per eccellenza, tant’è che i due sono anche quasi coetanei.
Si badi bene che il sottoscritto nello scrivere questo articolo non ha intenzione di dare al sopracitato festival la benchè minima rilevanza, ma si vuole semplicemente esplicitare ancora una volta l’inesistenza di un qualsiasi tipo di fermento culturale nazionale.
Dal Festival infatti non è mai, e sottolineo mai, scaturito nulla di culturalmente produttivo, nulla che potesse smuovere le coscienze, oggi come nel 1951.
Niente di male in ciò, sia chiaro.
Il problema sta nell’assurgere, da parte di tutti, tale “festa della canzonetta popolare” a manifestazione artistica per eccellenza, ove per arte si intende un veicolo comunitario di una certa estetica.
Estetica che è totalmente assente nel Fare (che sia politica, filosofia o arte) italiano.
Oltre alla problematica legata alla sua natura stessa, risulta piuttosto stucchevole e noioso il dibattito, appesantitosi nel tempo, sul Festival, che è indubbiamente la sua parte peggiore.
Si assiste come al solito agli scontri titanici tra progressisti sinistreggianti, che credono siano rivoluzionari gesti passati di moda 40 anni fa, e destroidi reazionari (senza offendere il buon Davila con questo infausto utilizzo del termine) del “era meglio ai miei tempi”.
Imbarazzanti, ognuno a proprio modo.
E può la politica essere da meno?
Ovviamente no.
Tra lodi da una parte e minacce di licenziamenti in Rai dall’altra, si toccano vette di disgusto anche più elevate.
Non che ci si possa aspettare chissà che.
Bisogna prendere coscienza, infatti, che la scossa estetica, e quindi culturale, necessaria deve provenire da tutt’altri ambienti elitari, sicuramente non dai brodini popolari e populisteggianti, siano essi ammiccanti a sinistra o a destra.
Cristiano Mazzonello