Il 13 Febbraio ricorre uno degli anniversari più sentiti da tutti noi fedeli all’Europa: il bombardamento, ad opera dell’aviazione angloamericana, della città sassone di Dresda.
Circa 7000 tonnellate di bombe vennero sganciate, prevalentemente nel centro, su una città che di certo non rappresentava un importante polo industriale militare per la Germania, al contrario della Ruhr con le sue immense acciaierie.
Per giunta, in quel periodo le poche difese della città erano in rotta causa dell’imminente crollo del fronte orientale, lasciando quindi la città quasi priva di contraerea.
Le testimonianze fotografiche riportano un qualcosa più assimilabile ad un enorme cratere lunare piuttosto che ad una delle città più belle del centro Europa, tanto da essere definita “ElbFlorenz”, la Firenze dell’Elba.
Ad oggi, si stimano circa 25000 vittime tenendosi parecchio al ribasso.
Ma allora, viste le premesse, a cosa servì realmente un’operazione di tale portata?
Cosa poteva portare all’esercito alleato la distruzione di una città lontanissima dal proprio fronte e ininfluente dal punto di vista militare?
Le risposte potrebbero essere molteplici, tra chi sostiene che fosse necessario “demolire” moralmente i tedeschi, chi parla comunque di bombardamento strategico (quale strategia, verrebbe da chiedersi), e chi pensa ad una dimostrazione di forza agli alleati russi.
Tutte queste considerazioni riportano comunque ad una strada sola: l’annichilimento totale dell’Europa.
La cancellazione di tutto ciò che fu, dello spirito europeo edificato in millenni di storia ed in particolare di quello teutonico ben più duro a morire rispetto ad altri (e per certi versi ancora vivo), per poi tramite i piani Morgenthau (dal punto di vista fisico) e Marshall (da quello economico) riplasmare il tutto a proprio piacimento, con l’obiettivo di impedire (o perlomeno ritardare il più possibile) la Rinascita Europea.
La sensazione dominante è infatti quella del “Noi qui facciamo quello che ci pare”, leitmotiv caratterizzante la storia europea dal dopoguerra in poi.
Perciò Dresda è per sempre, almeno nelle loro intenzioni.
Sta a noi resistere tra le rovine materiali e spirituali lasciate dal fronte materialista e riprendere in mano il nostro destino.
Cristiano Mazzonello