Appunti di lettura
- Perché leggere, oggi Sohn-Rethel
È difficile che il Lettore di oggi abbia sentito nominare Alfred Sohn Rethel; c’è stato un periodo in cui il suo nome circolava molto nel “Movimento del ‘77”; era uscita maggio la traduzione italiana – di Francesco Coppellotti- del suo libro Lavoro intellettuale e lavoro manuale. Per la teoria della sintesi sociale (uscito in originale nel 1970) nella collana diretta da Antonio Negri e Pier Aldo Rovatti, “Materiali Marxisti”. Nel 1979 il volume è stato pubblicato in terza edizione; e presso la Facoltà di Lettere e Filosofia di Venezia si è tenuto un seminario intitolato “Genesi dello spazio economico” in cui il volume di Sohn Rethel è stato oggetto di discussioni animate, poi ‘riversate nel volume collettivo – ma curato da Luigi Ruggiu- Genesi dello spazio economico (Napoli, Guida, 1982). Poi, la lenta entropia degli anni Ottanta e il trionfo neoliberistico degli anni Novanta. Tuttavia, tre edizioni in poco più di due anni sono un fatto notevole, pur considerando la grande politicizzazione dell’epoca e il clima aspro di conflitto ideologico e sociale.
Il nucleo fondamentale del volume si trova in una osservazione a p. 19 della terza edizione: “Marx ed Engels hanno esposto l’architettura generale della struttura storica consistente nelle forze produttive e nei rapporti di produzione che insieme formano la base materiale per la sovrastruttura della coscienza. Ma non ci hanno lasciato il prospetto del sistema di scale che dalla struttura ci fa salire nella sovrastruttura. In questo libro ci occupiamo appunto di questo sistema di scale o per lo meno della sua armatura in cemento, nuda ma di forma precisa, che deve essere ancorata saldamente alla struttura. Nella società produttrici di merci, l’ancoraggio può essere trovato soltanto nell’analisi formale della merce, e questa a sua volta deve essere ampliata e approfondita prima di poter reggere tutto l’insieme.” Così Sohn-Rethel giunse a ”svelare la segreta identità della forma-merce e della forma-pensiero”, “l’anima nascosta di tutta la struttura del mondo borghese”, individuando la connessione genetico-formale tra filosofia ed economia finanziaria. Ed è proprio questa connessione che costituisce l’oggetto di Il denaro. L’apriori in contanti.
Il nostro mondo è il mondo del trionfo della tecnica, su cui hanno portato lumi Martin Heidegger e Oswald Spengler, come ha chiarito magistralmente Francesco Boco (Dialoghi con l’ospite inquietant. Spengler e Heidegger, Bellinzona, Flamingo Edizioni, 2021, soprattutto cap. III); ma è anche il mondo del trionfo del ‘Finanzcapitalismo’ (per usare il titolo di una dei più importanti libri pubblicati dal sociologo torinese Luciano Gallino); ecco che la ricerca di Sohn-Rethel può costituire la metà ricercata per venire a capo dell’enigmatico processo che sta distruggendo la biosfera. Per questo è opportuno non soltanto ritornare su Marx, su Georg Simmel, l’autore della Filosofia del denaro (1900), ma è di importanza fondamentale anche riconsiderare Alfred Sohn Rethel che sul Capitale di Marx e sulla Filosofia del denaro di Simmel ha molto riflettuto.
Se Simmel e Heidegger rappresentano il riflesso intellettuale dell’età dell’economia finanziaria, Sohn-Rethel descrive la struttura e la dinamica dell’economia finanziaria mettendo in luce l’isomorfismo (cioè la corrispondenza biunivoca, per usare un concetto matematico che designa una possibile corrispondenza fra due insiemi) fra intelletto (scienza, filosofia) e denaro. Il denaro, cioè ‘economia finanziaria che esso rappresenta, è la conditio sine qua non per la sintesi sociale fra gli individui in un modo di produzione capitalistico avanzato. Ma la sintesi che esso produce mette in fluidità ogni valore, ogni criterio comportamentale commisurandolo alla natura “mercuriale” del mezzo di scambio; la sintesi sociale, dunque, è nichilistica dal punto di vista del senso del vivere e relativistica dal punto di vista di quello in vista di cui si vive. La sintesi sociale determinata dal denaro è svincolata dai beni d’uso considerati come finalità dell’azione sociale e concentrata soltanto sul movimento delle merci e sul suo motore, il denaro. Il movimento si presenta nella forma della dialettica hegeliana, ma priva di sintesi (lo rilevano, in modi molto diversi, ma convergenti, Simmel, Filosofia del denaro, 1900 e Adorno, Dialettica negativa, 1966) e, quindi, lanciata nella direzione di un continuo superamento degli obiettivi raggiunti, virtualmente infinito. Questo sviluppo infinito è crescita infinita che sta letteralmente divorando il concreto, il reale, il vitale ed è la causa primaria del cambio climatico antropogenico. Detto in altro modo: posto che la base della nostra vita è la biosfera (in termini filosofici: il suo apriori), lo scopo della vita è la vita stessa, come direbbe Schopenhauer; la vita umana richiede la società (come riconoscono i più diversi e opposti teorici della politica, da Hobbes a Adam Müller); la società, per sussistere richiede la sintesi sociale, attraverso lo scambio fondato sul linguaggio e lo scambio di beni d’uso nella forma di merci. Lo scambio, presupponendo l’equivalenza dei beni d’uso, richiede l’equivalente universale di tutte le merci separato dalle merci stesse. Quindi, lo scambio presuppone il denaro. Ma il denaro può operare in due modi distinti che corrispondono a due fasi fondamentali del modo capitalistico di produzione (capitalismo manifatturiero/commerciale/industriale e capitalismo finanziario): il ciclo Merce-Denaro-Merce e il ciclo Denaro-Merce-Denaro’ che, sul piano politico, corrispondono alla formazione dello Stato-nazione e al suo progressivo trascendimento in “unioni regionali” di diverso peso finanziario, produttivo e militare, con il passaggio dal prevalere dell’economia reale fondata sul profitto e sullo sfruttamento al prevalere dell’economia astratta fondata sul profitto e sullo sfruttamento. L’attuale disastro ambientale è una conseguenza dell’economia finanziaria e della sua tensione faustiana al profitto assoluto, cioè a una crescita infinita: l’astratto sta divorando il concreto, l’illusione dell’infinito sta distruggendo la biosfera (si vedal’acuta indagine di Daniele Conversi, Cambiamenti climatici. Antropocene e politica, Milano, Mondadori, 2022). Sono molto chiare le connotazioni psicopolitiche (Byung-Chul Han) di questo processo, le dinamiche dei mercati finanziari come esempi di psicologia delle folle (Le Bon, Freud); ma, dato che la coscienza è la coscienza del proprio essere nel mondo sociale, la coscienza riflette un movimento che non è né coscienza, né valori, né simboli, ma un complesso di fatti connessi a dinamiche economiche che per comodità designiamo con un sostantivo singolare: denaro. La critica dell’economia politica che, fino a ora era stata connotata in senso prevalentemente etico-politico tende, ora, a connotarsi come critica eco-sociologica dell’economia del profitto illimitato e dell’ideologia, nonché della pratica, della crescita infinita (Daniele Conversi, Cambiamenti climatici, cit.;Naomi Klein, Il mondo in fiamme, Milano, Feltrinelli, 2019); il denaro ne è, comunque, l’oggetto centrale.
La voce più profonda e più chiara in materia di analisi del denaro è stata, fino a ora, quella di Alfred Sohn-Rethel.
- Alcuni dati biografici su Alfred Sohn-Rethel
Sohn-Rethel nasce a Parigi da genitori tedeschi entrambi artisti il 4 gennaio 1899.
Nel 1917 frequenta due semestri a Heidelberg seguendo i corsi di economia politica di Emil Lederer (1882-1939); si trasferisce, poi a Monaco, dove viene arruolato. Dopo la rivoluzione di novembre si trasferisce a Berlino; dal 1924 al 1927 compie un lungo viaggio in Italia. Nel 1928 si laurea con Emil Lederer a Heidelberg. Dal 1929 al 1930 è costretto ad andare a Davos perché colpito dalla tubercolosi. Lavora, poi, tra il 1931 e il 1935 presso il Mitteleuropäische Wirtschaftstag, poi come amministratore delegato della Camera di commercio egiziana per la Germania. Nel febbraio 1936 emigra a Lucerna per sfuggire all’arresto da parte della Gestapo (in quanto militante di organizzazioni socialiste clandestine), poi si trasferisce a Parigi. Si trasferisce, nell’ottobre del 1937 in Inghilterra dove rimarrà fino al 1972 quando l’Università di Brema lo inviterà come professore –ospite per l’insegnamento di “Teoria della conoscenza e della società”.
A Brema Sohn-Rethel muore il 6 aprile 1990.
3. Il denaro
La prima questio da chiarire è il titolo del libro: Il denaro. L’apriori in contanti. “Apriori” è un’espressione consueta nel lessico filosofico, un’espressione che designa la forma del conoscere, la forma che condiziona ogni tipo di conoscenza legata ai sensi; Kant, nel XVIII secolo, nella celebre Critica della ragion pura, afferma che gli apriori della capacità di sentire sono lo spazio e il tempo, intendendo, con questo suo dire, che nel momento in cui noi usiamo i cinque sensi, lo facciamo attraverso la forma dello spazio e del tempo; e continua affermando che per poter pensare i dati sensibili abbiamo bisogno di dodici forme pura intellettive (le “categorie”) che, nell’atto stesso del pensare, sono già presenti. Il discorso di Kant riguarda la teoria della conoscenza; ma che cosa significa affermare che il denaro è l’apriori in contanti? Non siamo, infatti, sul terreno della teoria della conoscenza, ci troviamo nell’ambito di una pratica sociale, la pratica sociale dello scambio. Per capire come sia stato possibile teorizzare delle forme apriori, Sohn-Rethel rinvia proprio alla pratica dello scambio; Marx, che egli cita, scrive, in merito: “Al valore di scambio di una merce in quanto oggettivazione del tempo di lavoro generale sociale, corrisponde l’espressione dell’equivalenza della merce in valori d’uso infinitamente differenti” (Per la critica dell’economia politica, 1859, tr. it Milano, Edizioni di Lotta Comunista, 2009, p. 37). Il valore di scambio di una merce corrisponde al tempo socialmente necessario per produrla; ma il suo rapporto con altre merci fa emergere un sistema di equivalenze, a esempio: 1 braccio di tela= 1/8 libbre di the+1/2 libbre di caffè+ 2 libbre di pane + 1 braccio e ½ di cotone. Questi “=” sono ‘riassunti dalle somme di denaro che occorrono per acquistare ciascuna quantità di merce. Il denaro ‘materializza’ questa catena di equivalenze di valore. Quindi, il denaro è la conditio sine qua non, l’apriori, per concepire di poter scambiare beni d’uso diversi; è, si può dire, almeno in parte, un perfezionamento del baratto che presuppone, comunque, la nozione di equivalenza tra le quantità dei beni d’uso. L’equivalenza è una nozione astratta. Non è una cosa, non è un bene, è un rapporto. Cioè qualche cosa di astratto che ‘regola’ i rapporti fra cose concrete che gli esseri umani si scambiano.
L’essere umano, per natura, è incline allo scambio; innanzitutto allo scambio comunicativo; lo ha notato Adam Smith nelle Glasgow Lectures del 1763; ma prima di lui, Aristotele aveva definito l’uomo animale “razionale” (l’unico animale che abbia il lógos, Politica I 2, 1253 a) e “politico” (Politica, I 2 1253 a), un animale che vive in società. “Razionale”, indica il possesso del lógos che è linguaggio e ragione, quindi incline alla comunicazione, allo scambio di giudizi, di proposizioni, il cui presupposto è lo spazio sociale, l’insieme delle relazioni sociali. La non autosufficienza di ciascuno implica la necessità di rapporti di scambio. “Quando la soddisfazione dei bisogni ricorse a fonti straniere con l’importazione delle cose necessarie e l’esportazione delle superflue, necessariamente entrò in uso la moneta”, continua Aristotele (Politica I, 9, 1257 a). La moneta, quindi, nella ricostruzione aristotelica, è legata al commercio. Tuttavia, c’è chi la considera una opportunità di arricchimento, proprio perché essa permette di acquisire ogni sorta di bene e si dedica al commercio anche senza la necessità di coprire determinati bisogni.
L’attività di scambio addestra all’astrazione, dunque, si tratti di scambio attraverso il linguaggio o di scambio di merci attraverso il denaro. Non è un caso, secondo Sohn –Rethel, che le patrie del pensiero filosofico greco (Mileto, con Talete, Samo con Pitagora, Elea con Parmenide) siano fiorenti centri commerciali, al punto che si potrebbe dire che dove fioriscono i traffici commerciali ivi fiorisce il pensiero filosofico, cioè si dispiega l’intelletto.
Tuttavia occorre tenere ben presente che “l’astrattezza dello scambio delle merci si manifesta soltanto nel denaro coniato” (p. 9): occorre un’autorità monetaria che garantisca il valore di pezzi di metallo perché essi servano per lo scambio, trasformandoli da oggetti comuni in “valuta”. Un’astrazione che, tuttavia, proprio mettendo in movimento le merci realizza il nesso fra i diversi produttori; questo nesso è la base della sintesi sociale grazie al quale ciascun individuo che produca, pur lavorando nel proprio isolamento (è il caso dell’artigiano) è connesso con l’intero contesto sociale.
L’astrazione dello scambio non stimola soltanto la prima filosofia naturale o la “filosofia dell’essere”, ma stimola lo sviluppo della matematica e della fisica, nel mondo greco. Se si guarda agli enti matematici o ai concetti della fisica, si vede che nel momento in cui essi servono a interpretare il mondo naturale e, magari, a costruire “macchine” sulla base delle interpretazioni della natura, essi stessi sono irrappresentabili, perché non hanno nessun correlato nel mondo della percezione; nessuno ha mai constatato con i propri sensi il moto inerziale teorizzato nella fisica galileiana; analogamente, nessuno ha mai percepito il denaro, ma soltanto questa o quella sua forma coniata.
L’astrazione dello scambio stimola la separazione del lavoro intellettuale dal lavoro manuale; se da, un lato, viene a svilupparsi una capacità conoscitiva che struttura una attività direttiva sulla produzione di merci, dall’altro lato si configura il soggetto del semplice esecutore, del tecnico, dell’operaio; finché, nell’artigianato, il proprietario dei mezzi della produzione e il lavoratore coincidono, sapere e saper fare restano uniti; ma con lo sviluppo del capitale commerciale il avoro artigianale è progressivamente assorbito dal capitale e la “scienza dei fini” e la “scienza dei mezzi” si dividono in due figure sociali distinte che coesistono all’interno del processo produttivo e che, all’interno del medesimo processo giungono a contrapporsi in due classi sociali distinte che si fronteggiano fin dagli albori della società industriale. L’analisi concettuale della natura si stacca dall’esperienza sensibile del produttore diretto, artigiano o lavoratore salariato e diventa puro lavoro intellettuale; la produzione capitalistica, subordinandosi l’artigianato, crea quel meccanismo produttivo descritto da Marx come “meccanismo i cui organi sono uomini” fondato sullo sfruttamento. La macchina sostituisce il soggetto umano, progressivamente, fino a spingersi all’automazione dei processi produttivi che richiedono sempre meno “lavoro vivo”. Potremmo dire, a trent’anni e più dalla pubblicazione del libro di Sohn-Rethel, che con la digitalizzazione dei processi produttivi questa tendenza si rafforza e sembra rafforzarsi la separazione fra lavoro intellettuale e lavoro manuale, proprio perché le finalità produttive e la scansione dei tempi di produzione sono sempre più dettati dalle esigenze della catene internazionali di investitori e sempre di più il senso stesso della produzione sfugge ai produttori e alla collettività di cui fanno parte i produttori, com’è chiaro dai profili dell’attuale crisi climatica che è antropogenica. Le catene degli inestitiri sono un soggetto collettivo che ha i tratti della folla di cui hanno trattato Gustave Le Bon e Sigmund Freud, un soggetto pervaso dalla coazione alla crescita dei profitti e che, oltre questo moto coattivo, virtualmente senza limite, non possiede alcuna finalità. L’epoca della completa realizzazione del nichilismo, si potrebbe dire, se come ha sostenuto Nietzsche, nichlismo è la mancanza di una risposta alla domanda. “Perché?”
Francesco Ingravalle