Nell’Europa degli anni Venti e Trenta, Pierre Drieu La Rochelle, scrittore e polemista elegante, dal forte temperamento, è stato uno dei pochi in grado di descrivere lo spirito del tempo in Europa.
Ossessionato dal coraggio, dalle donne e dal declino morale e fisico della sua terra, la Francia e, della società che lo circondava.
Soldato nel primo conflitto mondiale, letterato impegnato in varie ricognizioni: frequenta i surrealisti, poi si distacca, intraprende un percorso politico originale fino ad approdare a quel “socialismo fascista” che tanto turbava, ieri come oggi, il coté piccolo-boghese, – l’infetto milieu parigino – secondo una definizione ritrovata nel suo diario.
La Rochelle aveva compreso come la verità e la notorietà sono troppo spesso in disaccordo e non è stato mai pervaso dalla ricerca del consenso facile. I suoi romanzi sono carichi di riferimenti personali, le descrizioni essenziali, le digressioni e i discorsi profondi sovrastano il tessuto della trama.
Le Edizioni Eclettica, hanno pubblicato Bléche, uscito nel 1928 (traduzione a cura di Chiara Manificat), una storia che ruota intorno alla scomparsa di un paio di orecchini e ai sospetti del giornalista Blanquans verso la sua segretaria, la signorina Chardin, detta Bléche.
Il testo non va letto come un giallo classico, con uno schema e una soluzione logica, la trama si sviluppa intorno alle riflessioni raffinate di Blanquans sulle donne, la società, i rapporti e sul movente del furto.
Ma chi è stato davvero?
Ed è così rilevante?
Vincenzo Bovino.