DALL’EUROPA-NAZIONE ALL’EURASIA

La cosa che più fa rabbia è vedere vecchi camerati – con cui hai condiviso mille battaglie politiche contro la corrente generale – mandare tutto in vacca per seguire i deliri mitomani di un imperialista russo che parla di “Eurasia” e che, in forza di una visione russocentrica del mondo, supporta un’aggressione criminale, soppiantando così l’idea primordiale dell’Europa-nazione. 

Eurasiatismo come Anti-Europa

L’eurasiatismo di Dugin – che ha acquisito grande fascino in alcuni ambienti a noi noti – è un’elaborazione anti-europea fino al midollo, in quanto guarda la Russia da una prospettiva eccezionalista: la convinzione di Dugin, in poche parole, è che la “Santa Madre Russia” non sia un Paese come tanti altri, ma una civiltà a se stante, “distinta dall’Europa”, il mondo incarnante “le mille anime dell’Eurasia”, e altre farneticazioni simili.

Ne consegue che nelle folli teorie di questa macchietta di Evola, la Russia vada restaurata sotto forma di impero cristiano-ortodosso con Mosca come nuova Roma, intendendo con esso una porcheria messa in piedi ripristinando i vecchi confini zaristi/sovietici, che parta dalla Moldavia e arrivi fino a Vladivostok, mettendo nello stesso calderone stirpi europee e orde mongoliche, e lasciando dietro di sé un’Europa depotenziata e mutilata della sua parte orientale; un’Europa che tutt’al più potrà essere – nelle intenzioni di costui – l’appendice subcontinentale dell’Eurasia, e che Mosca potrà utilizzare come insieme di Stati-satellite, magari allacciando con essi un’alleanza militare (alla stessa stregua della NATO) in funzione anti-americana. Non è un caso che in uno dei suoi scritti [Fondamenti di Geopolitica, 1997] Dugin parli di “finlandizzazione dell’Europa” (o di ciò che ne dovrà restare dopo le annessioni russe). 

Diventa quindi superfluo aggiungere che la prospettiva eurasiatica di Dugin farebbe naufragare la prospettiva grancontinentale dell’Europa-nazione, ovvero di una Europa etno-federale politicamente unita dall’Atlantico agli Urali; prospettiva, quest’ultima, che passa necessariamente dalla disgregazione dell’attuale Federazione Russa.

Dugin il preveggente

Va anche detto che ancora nel 2008, prima dello scoppio del conflitto, questo personaggio si recava in Georgia rilasciando la seguente dichiarazione in maniera sfacciata: “Le nostre truppe occuperanno Tbilisi, l’intero paese, e forse anche l’Ucraina e la Crimea, che comunque fa storicamente parte della Russia”. 

Dunque le infami aggressioni che la Russia ha portato avanti prima in Moldavia, poi in Cecenia, poi ancora in Georgia, e adesso in Ucraina, sono, in questo senso, confacenti alle teorizzazioni duginiane, che precedono qualunque presunto genocidio del Donbass pateticamente utilizzato dai russi come casus belli.

Perché Dugin non è Rasputin

Queste previsioni successivamente avveratesi potrebbero, all’apparenza, far pensare a uno stretto legame tra Dugin e Putin. Gli stessi giornali italiani etichettano sbrigativamente Dugin come l’ideologo del Cremlino, ma ciò non corrisponde a verità. Nel 2014 Dugin ha perso la sua cattedra dell’Università statale di Mosca per le sue posizioni sull’Ucraina, ritenute troppo radicali dalla dirigenza. Dugin non si è nemmeno esimato dall’esprimere severe critiche nei confronti di Putin, e d’altronde la sua “quarta teoria politica” cozza con il modello politico di Putin. La sorprendente coincidenza si spiega perciò col fatto che le aspirazioni imperialiste e irredentiste in Russia non sono un’esclusiva del movimento eurasiatista di Dugin, ma sono largamente condivise da più o meno tutti i circoli culturali e politici russi (perlomeno quelli ammessi dal regime), compresi quelli di Governo. Persino i comunisti russi di Zyuganov si sono guardati bene dal contestare il presidente in carica, e hanno espresso pieno supporto a quella che continuano a chiamare “operazione militare speciale”.

Roberto Dell’Arte

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