Troviamo in libreria, fresco di stampa, un volume della “Piccola biblioteca Adelphi”, piccola solo per le dimensioni dei libri, sempre di grandissimo valore, pubblicati ormai da decenni.
Titolo è: Il nodo di Gordio. Contiene due preziosi scritti di Autori tedeschi più volte oggetto della nostra attenzione: Ernst Jünger e Carl Schmitt, risalenti il primo al 1953, l’altro, che rappresenta anche una originale risposta, al 1955. Era il periodo, dunque, della “guerra fredda” e della contrapposizione, ufficiale e conclamata dalle diverse propagande, ma, a nostro parere, logica conseguenza del grande compromesso spartitorio di Jalta tra i due imperialismi dominanti: quello atlantico-statunitense e quello sovietico. Tale compromesso portò, come ben sappiamo, alla fine della centralità e della stessa sostanza profonda del continente europeo che si venne a trovare diviso, e politicamente irrilevante, da quella “cortina di ferro” che lo rese subalterno alle aggressive e, a ben guardare, solidali e complementari mire egemonistiche di Mosca e di Washington. Uno scenario, purtroppo, non superato ancora oggi, ma tendenzialmente vivo, pur in forme esteriori apparentemente diverse.
Ma torniamo al testo citato. Secondo Jünger, filo conduttore della storia è il rapporto, o meglio, lo scontro tra l’Occidente, ambito della libertà, della democrazia, del diritto e della piena potenzialità creativa dell’individuo, e l’Oriente, connotato, a contrariis, quale regno del dispotismo, dell’autocrazia, dell’arbitrio e della negazione dell’individuo in nome di un asfissiante collettivismo.
Il taglio, con la spada, dell’inestricabile “nodo di Gordio” da parte di Alessandro Magno viene inteso come simbolo della volontà di potenza occidentale, protesa al futuro, all’espansione, alla luminosa vittoria sulla tenebra di un Oriente immobile, retrogrado e privo di grandi visioni.
Da parte sua, Carl Schmitt, preferisce evocare la dualità “Terra-Mare” al posto del binomio sostenuto da Jünger cui abbiamo fatto cenno. Il grande giurista e filosofo della politica tedesco si sofferma sulla peculiarità espansionistica dell’Inghilterra in età moderna, volta, in prima istanza e per ragioni geografiche, ma anche “psicologiche”, antropologiche e culturali, al dominio dell’Atlantico, nuovo baricentro della Storia, dopo la crisi della centralità mediterranea. Creazione, dunque, di una talassocrazia che rappresenta il principale lascito ereditario di Londra nei confronti delle politiche statunitensi.
Schmitt vede una irriducibile alterità fra, appunto, la conquista dei mari da parte delle potenze dell’anglosfera, conquista legata anche al decisivo e determinante ruolo della tecnica e della prassi operativa concreta, e la staticità negatrice di progresso, di evoluzione e di Storia di Russia e Asia, aree geografiche dove tutto sembra aver raggiunto compimento e si riduce ad un eterno presente. Ad una Legge immutabile.
In fondo, si parla sempre di Oriente ed Occidente.
E in questo quadro come si colloca l’Europa? Altre volte abbiamo sostenuto che appare forviante e meramente “ideologico” vedere il nostro continente, per ragioni storiche, culturali e spirituali, quale parte della sfera atlantico-occidentale, o, per meglio dire, quale marca di confine contro la barbarie asiatico-orientale. L’Europa ha caratteristiche autonome, non ci stancheremo mai di ripeterlo, e irriducibili ai due imperialismi che ancora oggi insistono sul nostro territorio, che vorrebbero, dal 1945, piegato ai loro interessi materiali di dominio e di controllo totale. Dominio non solo economico, ma anche a livello di pensiero e di coscienza.
L’Europa è ben altro che un’appendice di altre aree geopolitiche. Ormai sono passati quasi ottant’anni dalla fine del conflitto che intese colonizzare, umiliare e distruggere la dignità del nostro continente. Le potenzialità non solo per un cambio di passo, ma per una nuova nascita esistono: mai come in questo momento si sente urgere l’esigenza di sostenere una visione strategica autonoma, indipendente e alternativa rispetto sia all’Occidente anglo-americano, sia all’Oriente russo-asiatico, che rappresentano realtà sostanzialmente molto simili e, in fondo, unite nel medesimo disegno di perpetuare sine die la sudditanza della nostra Nazione Europa.
Si sente l’esigenza di dare un taglio netto all’incapacitante nodo gordiano, col suo carico di decadenza e nichilismo.
Giuseppe Scalici