Nell’ultima rubrica abbiamo toccato lo spinoso tema della “libertà” davanti ai cambiamenti della AI (vedi: BOLLETTINO MALPENSANTE – LIBERTA’ ED INTELLIGENZA ARTIFICIALE – YouTube). Esiste però non solo una libertà dell’individuo, ma anche una libertà delle comunità politiche che si organizzano, quel NOI che non si scinde dall’IO come insegnava Giovanni Gentile in “Genesi e struttura della società”.
Il Trade and technology council potrebbe stemperare le tensioni tra Europa ed USA, dopo la sfida geo-economica scagliata da Bruxelles indirettamente a Washington perché direttamente alle “sue” Big Tech. Quella del Digital services act è infatti una mossa coraggiosa che introduce il Digital markets act come regolamentazione, assai invasiva, rispetto all’ambito di potere delle Big Tech. I colossi saranno tenuti ad una serie di obblighi informativi verso la Commissione Europea non solo su fusioni e acquisizioni e in caso di violazione, rischiano multe fino al 10% del fatturato mondiale, se recidive fino al 20%.
Insomma l’Europa cerca di dire la sua, barcamenandosi come può – per adesso – in un contesto in cui risulta soggetto marginale, oserei dire ancora pre-geopolitico. Ancora per poco.
Appare opportuno – a questo punto – tracciare qualche linea di riflessione sugli aspetti più propriamente strategici della AI e ci baseremo sull’opera “LE PROSPETTIVE DELLA CYBER INTELLIGENCE” (2022, Società Italiana di Intelligence SOCINT, Società Italiana di Intelligence c/o Università della Calabria) dove c’è un interessante spunto di Annita Sciacovelli sull’Europa:
“L’intensità, la sofisticazione e la pervasività degli attacchi informatici specie ibridi, compiuti a danno di entità critiche (pubbliche e private) nel panorama internazionale, ha spinto l’Unione europea a dotarsi di una politica e di una strategia della cyber-sicurezza particolare attenzione è dedicata alla creazione dell’Unità congiunta per il cyberspazio. Da un punto di vista operativo, l’Unità in parola e i centri operativi di sicurezza (SOC2) costituiranno una Rete che, entro il 2023, rappresenterà il cyber-scudo europeo. A tal fine, l’Unità sarà competente a individuare precocemente i segnali di attacchi informatici, grazie all’impiego di strumenti basati sull’intelligenza artificiale, in collaborazione con la rete CSIRTS, l’ENISA e il Cybercrime Centre (EC3) creato presso EUROPOL…la creazione dell’Unità risponde all’obiettivo primario dell’Unione di dotarsi di una bussola strategica per costruire un’Europa indipendente da un punto di vista militare, economico e tecnologico e anche per realizzare le priorità di resilienza, sovranità e autonomia tecnologica. In tal senso, essa rappresenta un passo importante verso la creazione di un esercito dell’UE, sempre che la sua attività si basi su un approccio olistico, poiché la sicurezza informatica è un dominio interdisciplinare.”
Siamo da tempo entrati quindi in una fase estremamente delicata delle dinamiche internazionali, talmente interconnesse da accelerare l’obsolescenza dei sistemi politici in senso lato.
Nella stessa opera Andrea Leoni cerca di individuare i settori sensibili ad una guerra ibrida del prossimo futuro:
“Un approccio multidisciplinare che unisce geopolitica a cyber threat intelligence potrebbe quindi aiutare a profilare più accuratamente le possibili minacce e a stabilire in un dato periodo quali potrebbero più probabilmente attivarsi…guardando al più recente Five Years Plan 2021-2025, dove viene indicato come uno degli obiettivi l’aumento della capacità scientifica e tecnica del Paese, e unendolo col fatto che attualmente la Cina non è in grado di produrre in autonomia semiconduttori competitivi, si potrebbe supporre un’ondata di attacchi volti al furto di conoscenza in quei settori. In questo caso la predicibilità si potrebbe pensare essere circoscritta solo ad un certo tipo di attori, gli state-sponsored actors ed eventualmente gli hacktivist, escludendo il cybercrime guidato dal solo profitto economico…Il World Economic Forum ha pubblicato il Global Risk Landscape 2021 da quale si evince che gli attacchi cibernetici comportano un rischio (probabilità x impatto) più elevato rispetto agli attacchi terroristici, alle crisi alimentari, alla disoccupazione e a tutta una serie di altri rischi che riempiono in ogni istante i notiziari radiotelevisivi e i social. Le motivazioni sono: il funzionamento delle moderne economie è sempre di più basato sulle tecnologie digitali; l’interdipendenza delle Infrastrutture critiche aumenta costantemente; l’aumento del rischio che un danno prodotto in un nodo del sistema si ripercuota sui nodi circostanti con effetti a catena potenzialmente catastrofici.”
Per concludere con Francesco Arruzzoli sempre sulla guerra ibrida:
Tra le nuove dimensioni di combattimento delle guerre ibride, oltre allo spazio extra-atmosferico, ancora appannaggio delle super potenze e di qualche nuovo attore geopolitico che potrebbe in futuro essere presente (si pensi ad es. alla SpaceX di Elon Musk), il cyberspazio è sicuramente il più utilizzato, grazie alla sua predisposizione a sviluppare asimmetrie hi-tech. Esso permette di attaccare le vulnerabilità del potenziale avversario in maniera estremamente efficiente e multidimensionale: virtuale, fisico e soprattutto cognitivo…possiamo definire l’C-IW l’elemento chiave della guerra di quinta generazione, dove il campo di battaglia è il cyberspazio e l’architettura dell’informazione globale, sia nella sua forma immateriale attraverso il dominio cibernetico e virtuale, sia nelle sue infrastrutture tecnologiche fisiche interconnesse.”
“Nella guerra di quinta generazione il raggiungimento dell’obiettivo avviene quindi attraverso la persuasione e l’influenza dei popoli e dei governi piuttosto che con la violenza.”
“Avere il controllo delle informazioni, dominarle, permette di mantenere una superiore comprensione del campo di battaglia, identificare i punti deboli del nemico, su cui concentrare gli attacchi nel modo più produttivo, e nascondere contestualmente i propri punti critici.”
Pertanto, il tema attuale rovescia radicalmente la questione tra “mainstream” e (sedicente) informazione “alternativa”, in quanto è prassi ordinaria quella della costruzione sia di un consenso che di un dissenso.
A tal proposito però, questo tema attuale sembra essere meno attuale di quanto appaia. Continua l’autore:
“La disinformazione è un argomento centrale del pensiero politico e strategico occidentale e orientale sin dall’antichità, basti pensare ai trattati di strategia militare come l’arte della guerra‖ di Sun Tzu, secondo cui tutte le guerre si basano sull’inganno. Grazie poi alla tecnologia dei nuovi media (Google, YouTube, Twitter, Facebook, etc.) le azioni disinformative attraverso notizie deliberatamente falsificate sono sempre più efficaci, consentendone la diffusione massiccia, incontrollata e pressoché istantanea. Le fake news sfruttano una debolezza cognitiva sempre più evidente nella nostra società moderna dominata da internet, la tendenza ad accedere e diffondere informazioni senza valutarle criticamente, la refrattarietà all’approfondimento, la sindrome da deficit di attenzione (Attention Span Deficit Disorder) sono tra le principali cause dell’analfabetismo funzionale, l’incapacità di avere la comprensione e un giudizio critico su quello che si legge.”
Insomma, è soprattutto nella potenza della tecnica la vera novità, non tanto delle sue finalità. Infatti:
“Ogni volta che facciamo un commento, condividiamo un post o mettiamo un mi piace, i nostri dati vengono registrati e immagazzinati. In questo modo i social studiano i nostri gusti, convinzioni, ideologie e ci propongono altri contenuti simili, convogliando l’attenzione esclusivamente su alcuni prodotti e pubblicità di marketing allettanti e mirate sui nostri gusti. L’obiettivo è catturare l’attenzione, filtrando le informazioni in un’unica direzione.”
“In pratica gli utenti interagendo con i post, danno maggior valore e credibilità a quelli che confermano le proprie convinzioni e ignorano quelli che li contraddicono.”
“Le campagne di C-IW utilizzano tecniche simili per influenzare il pensiero politico e decisionale degli stati e manipolare il pensiero delle masse a vantaggio dell’attaccante. Gli aggrediti spesso non sanno di dover combattere, a differenza degli aggressori che attraverso campagne anonime ed invisibili, acquisiscono informazioni pregiate e comportamentali sull’avversario di cui avvalersi per neutralizzarli.”
“Le fake news sono informazioni false (disinformazione) o fuorvianti per indurre il bersaglio a prendere decisioni (o ad adottare atteggiamenti o idee) contrarie ai suoi interessi e che favoriscono gli interessi del disinformatore. È un’arma che consente a chi la usa con successo di esercitare la manipolazione o l’eterodirezione.”
Lascio ad ognuno la riflessione di quante volte negli ultimi anni vi siano state campagne mediatiche più o meno sottili e pervicaci.
Pietro Ferrari
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