QUASI UN ANNO DI GUERRA. STESSA POSIZIONE

È passato quasi un anno dall’invasione russa in Ucraina e, nonostante Putin fosse convinto di concludere “l’operazione militare speciale” nel giro di pochi giorni, il popolo ucraino resiste ancora oggi sotto gli incessanti attacchi di Mosca. 

Una risposta non certo scontata, se consideriamo la narrazione che la propaganda russa porta avanti, secondo cui gli ucraini non vedrebbero l’ora di tornare sotto il loro controllo. 

In fondo il Cremlino non ne ha fatto mai un mistero: l’Ucraina sarebbe una regione della Russia, anzi, i confini della Russia sarebbero ancora quelli dell’URSS, la cui la caduta è stata considerata da Putin come “la più grande catastrofe del XX secolo”. Non è una coincidenza se la propaganda, la dialettica e il simbolismo utilizzato dalla Russia, sia tutt’ora nostalgico del periodo sovietico. 

Motivo per cui, lo scorso agosto, il ministro della Difesa russo Sergei Shoigu, ha presentato il primo congresso internazionale antifascista. Ma non solo. Nelle terre occupate in Ucraina, i militari russi continuano a sventolare fieramente le bandiere sovietiche e innalzano statue di Lenin, non certo per iniziativa personale. 

A dimostrazione della chiara volontà predatoria che, da secoli, la Russia zarista prima, sovietica poi e putiniana oggi, conduce nei confronti dell’Europa sempre alla stessa maniera. 

Un’Europa che purtroppo, ancora oggi, è limitata da diversi fattori interni ed esterni. 

Interni, perché fondata – male – sulla sola unione monetaria, sulla scia delle teorie illuministe e ostacolata dai sovranismi nazionali. Esterni, perché condizionata dall’imperialismo americano, dal quale riuscirà ad essere indipendente, solo dopo aver creato un esercito comune nella sua interezza territoriale e dopo aver completato i processi di autonomia strategica nei settori di fondamentale importanza per i prossimi anni, come l’energia e il digitale. 

È essenziale, in questo senso, che l’Ucraina non tracolli e che l’Unione Europea non demonizzi i popoli dell’Est, come quelli di Ungheria e Polonia, avvicinandoli rispettivamente alla Russia e agli angloamericani.

Pierpaolo Cicciarella

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *