Cento di questi anni, dell’avvocato Pietro Ferrari, è un riuscitissimo romanzo ucronico che ci permette di riflettere sulla non ineluttabilità del corso storico. Grazie alla finzione del centesimo compleanno (in data, dalla chiara valenza simbolica, 23 marzo 2019) di uno dei personaggi dell’opera, tale Luigi Esposito, siamo guidati in una dimensione dove realtà e finzione si intrecciano, dove le vicende umane delle comparse sono parti inserite in una totalità di relazioni con la grande Storia. Giustamente, in apertura, Ferrari riprende una riflessione di Franco Cardini: “Le cose accadute divengono perentorie e irreversibili solo dopo che, appunto, sono accadute: ma prima di allora nulla è scritto e tutto è ancora possibile.”
Siamo di fronte ad una questione aperta: ha un senso la Storia? Ha un fine ultimo, predeterminato da un’intelligenza superiore o da una razionalità immanente, da raggiungere? Oppure rappresenta una sequela di fatti ed eventi dominati dal caso? Il pensiero occidentale non ci fornisce una risposta univoca e definitiva. L’ucronia (il “non tempo”) non è una semplice letteratura di evasione, una fantasticheria. Si costituisce come Storia controfattuale in grado di farci leggere i contesti “reali” con maggiore consapevolezza critica: questa la posizione di Niall Ferguson, docente di Storia moderna ad Harvard. Non è oziosa, da questo punto di vista, la domanda: che cosa sarebbe successo se un evento non fosse mai accaduto, o si fosse presentato in modo diverso. Esiste, come è noto, una ricca letteratura ucronica. Citiamo, a mero titolo d’esempio, La svastica sul sole, di Philip K. Dick (1962) e Fatherland, di Robert Harris (1992), testi che ipotizzano una vittoria militare del III Reich. In ambito italiano, oltre ai romanzi e ai fumetti di Pierfrancesco Prosperi, ci piace ricordare l’opera (pubblicata nel lontano 1813) dell’erudito Lorenzo Pignotti, Storia della Toscana sino al Principato, in cui si mostra un’Italia guidata da Lorenzo de’Medici, non morto nel 1492, come avvenne, ma strenuo difensore della penisola dalle mire straniere e in grado di stroncare la riforma protestante sul nascere.
Cento di questi anni, dunque, si inserisce felicemente in un filone di grandi tradizioni. Il libro presenta una data precisa: il 20 novembre 1936, come momento di rottura dell’ordine storico effettivo e di ingresso nell’ucronia. Si tratta della data in cui José Antonio Primo de Rivera, fondatore della Falange spagnola, viene liberato dal carcere di Alicante e non fucilato.
Pietro Ferrari, con prosa brillante, conduce il lettore in un viaggio affascinante presentando un’Italia, un Europa e un Mondo possibili, ma radicalmente altri rispetto a quanto accaduto. Non vogliamo privare il lettore del piacere della scoperta: in pagine dense, e sempre accattivanti, l’Autore, attraverso l’agire di personalità esistite (Pio XII, Breznev, monsignor Lefebvre, Ugo Spirito, Charles Lindbergh e tanti, tanti altri) e personaggi frutto di immaginazione, con le loro traversie individuali, ci offre dunque una storia alternativa, toccando aspetti epocali. Ne citiamo soltanto qualcuno, tra i molti: la guerra civile spagnola; la crisi dell’impero britannico; la questione ebraica; le inquietudini della Chiesa cattolica; il Fascismo italiano nella sua continuità e declinazione oltre il piccolo nazionalismo; la “Nuova Europa Imperiale” soggetto egemone nella geopolitica del Novecento; la questione dello Stato profondo, dell’alta finanza e delle banche…
La parte finale del romanzo, con la descrizione delle paure e delle inquietudini di questi ultimi, tormentati anni, rappresenta, ci sembra, la chiusura di un ciclo. Ma la Storia non può finire, né fermarsi. Lo stesso Ferrari ce lo ricorda, con la pubblicazione di un’altra ucronia, Epilogo, che immagina un’epoca lontanissima, nel tempo futuro.
In conclusione: ci rifacciamo all’autorità di G. Vico e al suo verum ipsum factum. Esiste una Storia ideale-eterna, luogo di tutti gli accadimenti riguardanti singoli individui, popoli e Civiltà. Una Storia che non è soltanto progresso razionale indefinito, ma che contempla, i celebri “ricorsi”, ossia la possibilità di decadenza e ritorno alla barbàrie originaria. Ma, in ogni caso, è l’essere umano a porsi quale “creatore” della sua dimensione, appunto “storica” e di conferire ad essa un senso profondo che manifesti la presenza interiore di una ben delineata Visione del Mondo. L’alternativa è quella di farsi trascinare, quali servi volontari, dagli eventi, esito dell’altrui volontà di potenza.
Giuseppe Scalici
P.Ferrari, Cento di questi anni, Lecce, Youcanprint, 2021.