CORPORATIVISMO VS LOBBYING

La stampa italiana – ma no, la stampa europea, anzi la stampa mondiale – titola, come si direbbe un tempo, a caratteri cubitali “La corruzione ha messo piede nel Parlamento europeo”.

Membri o ex-membri italiani e greci, ma forse non solo – da Atene giungono voci di addirittura 60 parlamentari coinvolti – appartenenti al gruppi parlamentari della Sinistra & Democratici e del PPE, sono indagati per aver usato la loro influenza istituzionale a favore degli interessi dei governi del Qatar e del Marocco, in cambio di cospicue somme di denaro.

Gli stessi giornali parlano di Lobby iperattive sull’argomento e coinvolte nei fatti esaminati dagli organi inquirenti.

In effetti il cittadino europeo aveva già incontrato il termine “Lobby” disquisendo sul diametro delle pizze o sulle forme delle scatolette di tonno, ma non pensava che si potesse arrivare a tanto e qualche giornale non allineato rilancia stimando che “nel suo complesso, l’attività lobbistica a Bruxelles assommi a oltre cento milioni di euro l’anno” e chiudendo, in maniera per così dire tombale, “questi sono gli amari risultati di un’Unione Europea che si dichiara politica ma che è soltanto un tentativo di unione economica e affaristica”

Analizziamo ora cosa si intende per “Lobby”.

Innanzitutto, prendiamo il vecchio ed amato dizionario e vediamone il significato, diciamo per così dire, “ufficiale”: “Gruppo di persone che sono in grado di influenzare a proprio vantaggio l’attività del legislatore e le decisioni del governo o di altri organi della pubblica amministrazione.” Ora leggiamo con attenzione la ormai tanto bistrattata Treccani:“Gruppi di persone che, senza appartenere a un corpo legislativo e senza incarichi di governo, si propongono di esercitare la loro influenza su chi ha facoltà di decisioni politiche, per ottenere l’emanazione di provvedimenti normativi, in proprio favore o dei loro clienti, riguardo a determinati problemi o interessi”.

Sfido chiunque a dare una valenza positiva a queste due definizioni. In entrambe appare evidente il “proprio vantaggio” e il “proprio favore o dei loro clienti“. Assolutamente assente l’interesse della collettività, della Nazione o del ben più vago ed improprio Paese. 

Quanto sopra, ci porterebbe a pensare che l’attività di lobbying sia illecita e che le lobby siano state ormai da lungi dichiarate “fuorilegge” grazie a norme di salvaguardia degli interessi collettivi e generali.

Niente di tutto questo.

Da fonti molto bene informate e pubbliche “al momento nell’Unione Europea rientrano sotto la definizione di lobbying tutte le attività svolte con l’obiettivo di influenzare direttamente o indirettamente la formulazione o l’attuazione delle politiche e i processi decisionali delle istituzioni dell’Unione, indipendentemente dal luogo in cui sono intraprese e del canale o mezzo di comunicazione utilizzato”. Esiste addirittura “un registro per la trasparenza, un database pubblico con oltre 12.400 iscritti” (cit.  Euronews).

Infatti l’attività delle lobby venne regolamentata dal Parlamento Europeo con una risoluzione del 2008, accolta successivamente dalla Commissione, che ne ha istituito un registro a cui sono iscritte diverse organizzazioni che svolgono attività lobbistica e i cui dipendenti hanno libero accesso agli uffici dei deputati e dei loro assistenti. Tuttavia, per esercitare l’attività di lobby non è necessario essere iscritti a tale registro e la sua stessa definizione come “attività di consulenza legale o professionale” è talmente vaga da prestarsi alle più disparate interpretazioni.

Quindi, nell’Europa di Bruxelles e Maastricht – non certo nella “nostra” – le Lobby sono riconosciute e la loro attività “tutelata”, ma certamente non nel Parlamento italiano…o si?  

Risulta infatti che “L’Assemblea della Camera ha approvato il 12 gennaio 2022 una proposta di legge di iniziativa parlamentare volta a disciplinare l’attività di lobbying”. La proposta prevede “l’istituzione del Registro per la trasparenza dell’attività di rappresentanza di interessi presso – udite, udite – l’Autorità garante della concorrenza e del mercato”. Ovviamente il Registro non basta e quindi si costituisce anche un bel “Comitato di sorveglianza sulla trasparenza dei processi decisionali pubblici” con funzioni di controllo e di irrogazione delle previste sanzioni amministrative. Ovviamente a partire dal 2016 è vigente anche il Codice di condotta dei deputati e una Regolamentazione dell’attività di rappresentanza di interessi.

Che cosa si può volere di più?

A tutto questo, figlio del più bieco spirito del Capitalismo, fa da contraltare la Corporazione e il Corporativismo.

All’utile personale e partigiano, l’utile collettivo e nazionale.

Alla concezione antidemocratica ed individualista, la democrazia organica e la Comunità.

All’interesse irresponsabile e parassitario, l’interesse responsabile e fecondo del Produttore.

Alle Lobby e alle loro attività spurie, le Corporazioni e il Corporativismo, elementi solidaristici di un equilibrato sviluppo economico.

Questo è il “di più” che vorremmo!

Ettore Rivabella

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