IMMAGINARIE “RIVOLUZIONI”

Presso il Torino film festival è stato proiettato un documentario dal titolo: “I ragazzi che volevano fare la rivoluzione”. La stessa pellicola, tratta dall’ennesimo triste libro di Aldo Cazzullo, sarà visibile su Rai 3, divisa in quattro episodi, dal 13 gennaio prossimo. 

Si tratta di un’opera dedicata alla vicenda di Lotta Continua, uno dei tanti gruppetti della sinistra, fondata nel 1968 e autoscioltasi, per contrasti interni e personalismi vari, nel 1976, anche se l’omonimo giornale avrebbe continuato le pubblicazioni fino al 1982. Una stagione presentata come di entusiastica rottura e di autentica e pura militanza comunista, avvenuta in tempi ormai remoti, che poco o nulla, aggiungiamo noi, ha realizzato di concreto e degno di essere preso ad esempio da seguire nella contemporaneità nostra, ma che, per uno dei tanti paradossi italiani, rivive attraverso personaggi che di quel gruppo facevano parte, sia dai media di sinistra, e questo va da sé, sia, e questo è quantomeno bizzarro, se la logica ha ancora un senso, da quotidiani e reti televisive in teoria espressione della destra, curiosamente ospitali verso personaggi dal passato “rivoluzionario”. L’elenco sarebbe lungo: citiamo, a titolo d’esempio Paolo Liguori, detto “straccio” dai suoi compagni ai bei tempi della militanza, Toni Capuozzo, Enrico Deaglio, l’onnipresente Gad Lerner, Erri De Luca, Massimo Carlotto etc. Lo stesso Adriano Sofri, nonostante le vicende giudiziarie, cura ancora oggi una rubrica sul Foglio.

Il documentario torinese raccoglie una serie di testimonianze di quegli anni, in realtà poco memorabili, accomunate da un senso di tranquilla rivendicazione e autoassoluzione di tutto quanto ascrivibile a Lotta Continua e compagni vari. A sentire Erri De Luca o Marco Boato quei “ragazzi”, alludendo a loro stessi, avevano fatto la cosa giusta, nel momento giusto, con i mezzi giusti, rappresentando non solo una visione politica, comunque sempre concreta e ancorata ai fatti, ma anche la maggior parte di una generazione (sic!). Insomma, come accade in età infantile ed adolescenziale, hanno sempre avuto ragione, e continuano ad averla. E tutti gli altri, per contrasto, erano biechi figuri della reazione, collusi col fantasma immortale del pericolo fascista. Un orizzonte questo che ci sembra d’ordine più psicoanalitico, visto, tra l’altro, il vittimismo e i piagnistei non solo di Lc, ma di tutta la galassia dei gruppuscoli di sinistra di ieri e di oggi, che politico… Ma sorvoliamo.

Unica voce critica è quella di Giampiero Mughini, che per breve tempo in Lotta Continua, da giornalista, fu direttore dell’omonimo periodico.

Ma poniamoci un quesito: fu vera, autentica, spontanea e pura volontà rivoluzionaria, come sostenuto dagli epigoni di quel movimento?

In realtà, a ben guardare, qualche punto oscuro si trova, e non di secondaria importanza…

Marco Nozza, noto e autorevole giornalista, ex partigiano certamente non simpatizzante per le destre né, tanto meno, per il neofascismo, nel suo Il Pistarolo, ci offre un quadro, come suol dirsi, inquietante. Il giornale Lotta Continua veniva pubblicato dalla tipografia Art-Press, la quale si trovava ubicata a Roma, nella stessa sede della Dapco, la stamperia editrice del Daily American, il quotidiano ufficiale degli americani residenti in Europa. Proprietario della Dapco, che stampava anche il periodico Notizie Radicali, era Robert Hugh Cunningham, stretto collaboratore di Richard Helms, all’epoca direttore della Cia.Nel 1971, dopo il fallimento del Daily American, nel cui cda era entrato anche Michele Sindona, viene fondato il Daily News, controllato dallo stesso Cunningham e dal figlio, Robert Cunningham jr.

Dal 1975 Lotta Continua si trasferisce presso un’altra tipografia romana, la “15 giugno”, tra i cui soci ritroviamo lo stesso Cunningham jr. Tutto spinge a pensare, e Nozza ne è convinto, che anche quest’ultima sede, in cui venivano stampati pure periodici dell’Autonomia Operaia di Toni Negri, fosse sotto il controllo del servizio segreto statunitense. Di non scarso rilievo il fatto che Cunningham jr. fosse il responsabile del Partito Repubblicano USA per l’attività informativa in Europa. Marco Boato, per sua stessa ammissione, era a conoscenza di tutto ciò.

Sono note le vicende legate all’assassinio del commissario Calabresi (1972), della famigerata campagna stampa precedente e successiva al delitto, della confessione di Leonardo Marino (1988) che portò all’individuazione dei mandanti e degli esecutori materiali: Sofri, Pietrostefani e Bompressi, tutti di Lotta Continua, delle vicende processuali e delle condanne. I meno giovani ricorderanno anche le azioni violente del “servizio d’ordine”, ai tempi dell’«uccidere un fascista non è un reato», che non era solo un infame slogan, gli espropri proletari, le occupazioni di stabili, l’«eskimo in redazione» etc. Ma il “movimento”, come si diceva, non si sciolse per un dibattito sulla violenza e sulle armi. Dopo il 1976 molti ex militanti entrarono in gruppi sul tipo di Prima Linea o in Autonomia Operaia. Altri trovarono, come già accennato, e trovano, ospitalità in quotidiani, riviste, reti televisive. 

Vien da pensare ad una versione di basso profilo delle teorie gramsciane sulla conquista della società civile attraverso l’informazione e la cultura, necessaria all’azione politico-rivoluzionaria del partito, pur in assenza di quest’ultimo.

Ma torniamo al documentario sui “ragazzi rivoluzionari”. Qualche polemica c’è stata.  Il direttore artistico della rassegna torinese è un tale Steve Della Casa, già dirigente di Lc, condannato, con la sospensione condizionale, per aver organizzato, il primo ottobre 1977, il corteo antifascista responsabile del rogo del bar Angelo azzurro, dove trovò una morte orribile lo studente lavoratore Roberto Crescenzio di 22 anni. I responsabili di quel crimine, come di troppi altri, non sono mai stati individuati, o non hanno scontato che ridicole pene detentive.

In conclusione: continuiamo ad assistere ad una sorta di psicodramma autoassolutorio, supponente, vuoto, da parte di chi, contro la realtà storica e contro ogni logica, persevera a ritenersi moralmente superiore e continua a dispensare aprioristici giudizi sugli altri. 

Si avvertirebbe la necessità di una ricostruzione critica del nostro recente passato. Ma siamo ancora asfissiati dal fumo di una mistificazione costante che non accenna a diradarsi.

Giuseppe Scalici

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