In quanto fenomeno sociale, il diritto è legato a precise coordinate spaziali e temporali, non esiste un diritto ideale, sempre uguale a se stesso nel tempo e nello spazio. La consapevolezza della storicità del diritto in tutte le epoche e in tutte le forme di civiltà è fondamentale per comprendere ciò che accade intorno a noi. 

Lo studio storico del diritto permette di constatare la relatività del fenomeno giuridico contro l’apparente immutabilità dei sistemi giuridici, in particolare di quelli fondati sulla disciplina di un sistema legislativo, e aiuta a superare il pensiero che identifica la società con questo, e che riduce l’osservazione dei fenomeni a pure illazioni ideologiche o di condanna superficiale della Storia europea, anche contemporanea.

Le norme giuridiche, come qualunque altro prodotto della civiltà umana, possono essere comprese completamente solo in rapporto con la cultura che le ha generate; solo conoscendo genesi e svolgimento dei fenomeni sociali, questi possono essere pienamente intesi, apprezzati e valutati e si può allora lavorare con essi in modo adeguato, con la libertà, l’elasticità e la fantasia necessarie a trovare nuove soluzioni. 

Tra le varie esperienze storiche del passato, il diritto romano è, per vari motivi, presupposto culturale indispensabile per capire l’Europa odierna: le basi del diritto privato odierno si trovano in quello dell’antica Roma; come i Greci hanno inventato la geometria, i Romani hanno creato la scienza giuridica, hanno messo a punto l’alfabeto del diritto, il quale non è cambiato nei secoli ed è ancora oggi comune a tutta l’Europa continentale e all’America Latina. 

I giuristi romani hanno creato una dogmatica (cioè concetti e metodo) giuridica e una terminologia tecnica che costituiscono ancora oggi patrimonio della scienza giuridica europea. Il diritto romano ha dominato due epoche nella storia della cultura giuridica occidentale. 

Innanzitutto, quella dell’età antica: il diritto romano è vissuto per un lunghissimo periodo, più di 1300 anni, durante i quali, malgrado si siano verificate enormi trasformazioni, sociali e giuridiche, si può individuare una continuità. 

Per il tempo eccezionalmente lungo della sua vigenza, per la ricca documentazione conservata e per la sua perfezione tecnica, l’esperienza giuridica romana è unica tra tutte quelle del passato.

Il suo studio si giustifica, tuttavia, anche perché le radici della cultura giuridica europea affondano nel diritto di Roma; dietro ogni formula del Codice vi è tutto un mondo semantico che riporta alla tradizione romanistica.

Infatti, la scienza giuridica nell’Europa continentale si è sviluppata sulla base del diritto romano, il quale ha avuto una seconda vita a partire dall’anno Mille; da questa rinascita del diritto romano si è sviluppata la tradizione romanistica, tuttora a fondamento della cultura giuridica europea e di molti paesi extraeuropei.

Possiamo individuare una cesura tra lo ius commune ancora in fieri nell’esperienza europea e la lex mercatoria che sembra essere ancora oggi l’unica legge comune a tutti gli Stati Membri dell’Unione?

Si e no, potremmo dire, perché anche se la lex mercatoria ha prevalso per motivi storici contingenti dal 1957, anno dei Trattati di Roma, fino al 1992, anno del Trattato di Maastricht, dopo, seppur con molta lentezza e gradualità, il principio di uno ius commune che agisse su diversi ambiti (lavoro, fiscale, sociale) si è andato diffondendo e consolidando negli anni.

È ovvio che i tempi e le dinamiche storiche dettano le norme ed i soggetti destinatari, ma la questione dei “diritti” vecchi e nuovi è sempre attuale, come attuale è la sfida di conciliare la possibilità della “persona”, come considerata dal diritto romano, di esercitare la sfera dei propri diritti e doveri nell’ambito di un quadro Statuale organico e plurale.

In questo l’Europa rappresenta un unicum nel mondo, proprio perché le sedimentazioni del diritto romano, che oggi deve vedersela sempre più con il common law di matrice anglosassone, hanno tracciato, intersecandosi anche con la tradizione di stampo illuminista, delle linee di tendenza abbastanza nette nel campo dello Stato sociale, del rapporto privatistico e del rapporto dialettico tra Stato e cittadini.

Se si riflette un attimo su quale sia invece lo stato dei rapporti dialettici e giuridici laddove non c’è traccia dell’eredità del diritto romano, ovvero negli USA, in Russia ed in Cina, si comprende appieno il divario in termini di cultura giuridica che da secoli ci separa da queste aree del mondo (non le sole per la verità).

In conclusione, il nodo gordiano da sciogliere non è quello di tagliare la Storia europea con l’accetta, in modo infantile e rancoroso, ma di capire che tutta la sua evoluzione ha comunque in sè sviluppi positivi e negativi che possono ancora oggi trovare una sintesi positiva per il futuro, a patto che si riesca a coniugare un NOI europeo in termini politici con la tutela e la promozione dei diritti e dei doveri, in continuità con l’esperienza del diritto universalistico romano. Ci torneremo sopra.

REDAZIONE KULTURAEUROPA

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