Il dualismo America-Unione Sovietica, la caduta del muro, le onde sismiche delle crisi economiche partite oltre oceano che ci hanno investito favorite dal rimpicciolimento del mondo grazie allo sviluppo tecnologico. La nascita della nuova potenza cinese, che affianca i due liberismi imprenditoriale ed oligarchico, il bisogno dell’Europa di reperire denaro che ha portato ad un intensificarsi dei rapporti con i paesi del Golfo Persico e della penisola araba. Sino ad arrivare alla guerra Ucraina, una guerra sullo zerbino di casa, abbondantemente prevedibile, prevista e non disinnescata in alcun modo.
Sono tutti componenti di quel quadro tragico che evidenzia tutti i limiti dell’Europa e della politica Europea. Una politica incapace di vedere il limite odierno della cura del solo interesse nazionale, quando placche tettoniche come Stati Uniti, Cina, Russia e penisola araba si muovono, ai singoli Stati europei non resta che attivarsi per appoggiare colui che ci prometta di non stritolarci, o addirittura colui che ci prometta di farci meno male.
Se la prospettiva nazionalista, prima, poteva essere capace di fornire una soluzione, ad oggi mostra tutti i suoi limiti geopolitici; le Nazioni europee si barcamenano correndo a tappare falle create da loro stesse o da altri, senza alcuna visione d’insieme. Disoccupazione, energia, materie prime, flussi migratori, guerra, vengono affrontati nella parte terminale e più problematica del problema. Gli altri, in maniera più o meno condivisibile, introducono un disegno e provano a realizzarlo con la forza dei continenti, sicuramente avvantaggiati dalla loro storia, con interessi collanti simili a quelli dei nazionalismi europei, ma con potenza d’impatto preponderante.
Appariva quindi importantissimo ieri, appare fondamentale oggi, adeguarsi alle mutate dimensioni del mondo globale, proponendo una sintesi che condensi i valori e le istanze dei vari popoli europei. Occorre che le varie comunità nazionali europee, trovino una sintesi da contrapporre alle potenze internazionali, quantomeno per cercare di sopravvivere e nella migliore delle ipotesi per proporre soluzioni e agende di sviluppo alternative per il mondo intero.
Da dove partire per creare questa alternativa?
Adolfo Munoz-Alonso, sosteneva che: “Il sindacalismo protegge ciò che di umano e non lavorativo è nell’uomo. E, l’umano nel lavoratore, diventa inevitabile attuare le condizioni umane del suo lavoro, giacché il suo lavoro è la sola cosa di cui disponga e nella quale si realizzi come uomo. Dimenticando questo fatto, molti prendono abbagli. Se, dunque, ciò che è tipicamente europeo non è il progresso indefinito, ma l’umanizzazione dell’umano, possiamo concludere che il fenomeno associativo sindacale costituisce una manifestazione caratteristica dello spirito europeo nell’era dell’industrializzazione”.
A questo punto perché non pensare ad un sistema sindacale nuovo, rappresentanza degli interessi delle varie comunità europee, che sia la pietra angolare di una rinascita dell’Europa, quantomeno che possa mediare, limitare, correggere nell’unione delle forze e nella sintesi delle volontà antimaterialistiche, quelle che si sono manifestate come potenze mondiali.
Riscoprire la cultura nobile del lavoro europeo, non nichilista, ma incastrato in un insieme di comunità dalla portata continentale, che riesca a tutelare i legittimi interessi dei popoli europei, proponendo nel contempo un modello di sviluppo alternativo che persegua contemporaneamente pace sociale, sviluppo sostenibile, redistribuzione della ricchezza, coscienza civile ed etica comunitaria.
Non è assolutamente uno slogan vuoto, si tratta in estrema sintesi di adottare una scala valoriale differente rispetto alle altre grandi potenze, attualizzarla in base alle esigenze di un’Europa attrice principale del suo destino, utilizzare come interpreti le espressioni delle varie componenti della società.
Ed in ultima analisi, non per importanza, subordinare le esigenze dei Francesi, dei Tedeschi, degli Italiani, degli Spagnoli, non ai loro singoli interessi, che in questo contesto non possono essere più tutelati, ma agli interessi dei popoli europei.
Gli interessi dell’Europa come abbiamo purtroppo tristemente visto anche ultimamente, non sono gli interessi dei singoli Stati. Gli interessi dei singoli Stati e delle varie comunità nazionali possono però essere ottimamente difesi da una nuova ottica europea, la piccola rinuncia di oggi, potrebbe essere determinante per tutte le comunità e per il loro sviluppo di domani.
E anche questo concetto basilare di sindacalismo dalle radici europee, non è un’idea innovativa, è un’idea di ieri mai compiutamente realizzata, innovativo sarebbe realizzarla.
Gianluca Passera