Vorremmo spendere qualche considerazione sulla vexata quaestio della rilevanza della Geopolitica quale strumento per analizzare il presente ed in particolare il mondo della globalizzazione economica.
Gli studi geopolitici, in particolare quelli tesi a cogliere le possibili linee di frattura nella lotta tra gli Imperi, si sono rivelati utili dopo la crisi dell’ideologia. Parliamo di crisi dell’ideologia riferendoci prettamente a quella marxista-leninista, essendo l’altro sistema ideologico, quello demoliberale, ancora in auge anche se gli analisti più avveduti avvertono ora dei preoccupanti cedimenti nella sua struttura di filosofia politica più che sul piano del modello economico.
Sono quindi riemerse prepotentemente alla luce le teorie dell’Heartland, cioè della zona centrale del Continente Eurasia, definita tale da Sir Halford Mackinder e le teorie di Karl Haushofer che si delineano essenzialmente attorno a tre concetti chiave: quello di Spazio Vitale; l’organizzazione per Pan-Regioni; la tanto antica quanto eterna dialettica tra le potenze di mare contrapposte a quelle continentali.
La visione del mondo di Haushofer è profondamente realistica e soprattutto condividiamo appieno l’idea, già espressa negli anni venti del Novecento, di superare definitivamente la “Nazione” come elemento politico identitario, sostituendola con un’organizzazione statuale di misura continentale che rispetti quanto più possibile la connotazione geografica, anche se non necessariamente.
Tutto ciò dopo 30 anni dal crollo del Muro di Berlino e del comunismo ortodosso, che fece dire a Francis Fukuyama che la Storia era pressoché terminata.
Perdonerete la sommarietà della descrizione del pensiero espresso dai due pensatori citati, ma lo scopo dell’articolo non è quello di fare un trattato di geopolitica, bensì di interrogarsi sulla validità del metodo geopolitico come unico criterio ermeneutico per l’analisi del presente.
Ciò perchè, a parte esponenti dell’area non conforme, anche il grande pubblico con l’invasione russa dell’Ucraina si è accostato alla geopolitica ed infatti in questi mesi di guerra, la Rivista di geopolitica “Limes” ha conosciuto un’impennata considerevole del numero di copie vendute.
Il problema che vorremmo sottoporre all’attenzione dei lettori è il seguente: può la geopolitica assurgere ad unico canone interpretativo scientifico, oppure necessita di un suo utilizzo combinato con altri aspetti, quali quello della critica politica, sociale ed economica?
Quando parliamo della critica politica ed economica non ci riferiamo all’utilizzo del conforto “dell’ideologia”, tantomeno di ricorrere a quella marxista, bensì al rischio che la stessa geopolitica sia utilizzata in modo “ideologico” da chi vuole forzare la mano, ad esempio sulla stessa questione Russa ed eurasiatica in generale.
Molti commentatori, infatti, per non dover scendere sul terreno dell’analisi politica, economica e sociale della Russia, ne invocano la funzione “salvifica“ e “messianica”, commettendo a nostro avviso un errore metodologico grave, quando non si ricorre ad un vero e proprio escamotage retorico.
Questa funzione “salvifica”, tutta da dimostrare, basata sul connubio tra l’utilizzo della geopolitica e alcune teorie più o meno “esoteriche” in salsa eurasiatica e panslavista, è del tutto improponibile in un’ottica Europea, dove Fede e Ragione sono i due binari inscindibili che hanno attraversato i secoli della Nostra Civiltà.
In questo senso, la natura organica dello Stato, legata al concetto di Imperium ma al contempo motore di una realizzazione della piena e fattiva partecipazione del corpo sociale ai processi decisionali politici ed economici, non è rinvenibile in alcun modo in una Russia che nella sua Storia ha sempre coniugato un’autocrazia tirannica sul piano politico con un inefficiente capitalismo di stato, nell’epoca sovietica, ed un sistema oligarchico mafiosa, dal 1991 in poi. Quest’ultimo con una forte interconnessione sui mercati globalizzati tanto vituperati in altre circostanze.
In conclusione, secondo noi, la geopolitica è sicuramente uno strumento utile alla comprensione, ma va integrata con altri strumenti cognitivi, pena la sua riduzione ad “ideologismo” con poca aderenza alla realtà che viviamo.
Il che non le rende giustizia sul piano scientifico, ma soprattutto ne riduce la credibilità culturale e politica.
REDAZIONE KULTURAEUROPA
Ottima analisi!!!