GEOPOLITICA SCHMITTIANA NELL’ASSETTO ATTUALE

Uno degli aspetti più interessanti del pensiero di Carl Schmitt è senza dubbio la sua visione geopolitica, incentrata sullo scontro tra Terra e Mare.

La prima, in cui si realizza l’uomo chiuso nei confini della sua politica, seppur maggiormente legato alle sue radici.

Il secondo, in cui nasce e matura un uomo universale, fondato sul Diritto, che inevitabilmente vince sul precedente, divenendo al contempo includente e mellifluo.

Inevitabilmente, sempre seguendo il filosofo e politologo tedesco, ciò si è tradotto nel corso della storia nello scontro tra l’Europa, chiusa nel “lago” mediterraneo, e le potenze marittime dell’anglosfera. Scontro che, evidentemente, finora è stato vinto dalle prime, dominanti a livello globale.

Non è un caso che i punti nevralgici degli oceani e il Mediterraneo stesso pullulino di corazzate americane, con le marine militari degli altri membri Nato ridotte a macchiette o poco più.

La soluzione a questa guerra senza armi (per ora) ci perviene ancora dallo stesso Schmitt, ovvero la dottrina dei “grandi spazi”, travalicando i limiti (territoriali e concettuali) degli Stati nazionali.

Soluzione che dall’ultimo sussulto congiunto euroasiatico è stata ostracizzata in ogni modo, dalla divisione materiale europea del secolo scorso ai movimenti scissionisti e sovranari odierni.

Alla luce di tali insegnamenti, appare sempre più necessaria la ricerca di un vero “Lebensraum” europeo, che comprenda sia terra che mare.

È chiaro che, vista la configurazione creatasi nel dopoguerra e gli ultimi rallentamenti dovuti al soccorso dell’amico russo agli Usa, gli spazi di manovra siano pochi e ristretti, ergo il processo di emancipazione europea è lungo e tedioso, ma assolutamente necessario.

Cristiano Mazzonello

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