IL SUICIDIO DEGLI EUROPEI (NON SOLO ONG)

Undici anni fa, Luca Leonello Rimbotti recensiva su “Linea”, un testo che trattava della questione bifronte “immigrazione massiccia/crisi demografica” in Europa: “Gli ultimi giorni dell’Europa. Epitaffio per un vecchio continente” di Walter Laqueur. «Fra cent’anni la popolazione dell’Europa sarà solo una minima parte di quello che è ora e in duecento anni alcuni paesi potrebbero scomparire… non c’è alcun precedente di un crollo demografico così rapido in tutta la storia umana».

Secondo le stime – riportate da Laqueur – della Comunità Europea e delle Nazioni Unite, la Francia, nel corso del secolo XXI, passerà dagli attuali 60 milioni di abitanti a 43, il Regno Unito da 60 a 45, la Germania da 80 a 32, la Spagna da 39 a 12. L’Italia poi, dagli odierni 57 milioni, si troverà a contarne 15 verso la fine del secolo. Occorre ovviamente considerare che i dati riferiti a queste proiezioni sulle popolazioni europee dei prossimi decenni contengono il fatto che moltissimi di quei cittadini saranno i figli di recente e recentissima immigrazione. Tanto che le popolazioni europee in calo vedranno velocemente elevarsi il numero dei propri concittadini di origine non europea: maghrebini, mediorientali, asiatici, africani. I bianchi europei, vittime della loro denatalità conculcata dalla società del benessere e del profitto, stanno andando incontro a un rapido inabissamento, che presto ne farà una minoranza minacciata di estinzione sul suolo europeo. 

“Va tutto bene così, madama la marchesa”? Può darsi di sì, può darsi di no, ma i dati dovrebbero spingere ad una riflessione, altrimenti questa sarebbe una curiosa fine per una civiltà che si preoccupa di salvare le più svariate “bio-diversità”, i prodotti tipici, le arti e i mestieri di un tempo, i paesaggi e le lingue, ma non si cura affatto dell’abisso nel quale sta cadendo complessivamente.

Continuava Rimbotti: “Quella che dal dopoguerra in poi è stata prima un’emigrazione per lavoro, cui seguì il ritorno quasi generale in patria, dagli anni Ottanta è diventata una crescente infiltrazione, infine assumendo, in questi anni, i contorni dell’incontrastato arrembaggio di massa. Un neo-schiavismo che sradica il nero o il giallo, lo stipa nelle periferie degradate delle città portuali del Terzo Mondo, infine lo dirige verso le centrali dello sfruttamento turbo-capitalistico di ultima generazione, operando la devastazione di ogni comunitarismo, sia nell’ospitante che nell’ospitato: con una criminalità reale e un umanitarismo di facciata (spesso unendo le due cose in un’unica intrapresa industriale), si ottiene così la spaventosa tratta, che ha come conseguenza matematica due avvenimenti simultanei: l’annientamento dei tessuti etnico-sociali delle millenarie culture europee; lo sgretolamento e la disumanizzazione delle stesse realtà terzomondiste attirate in Europa.” 

Lo sbandierato multiculturalismo pacifico e tollerante, si è rivelato in realtà come un mono-culturalismo bellicoso e pluri-razzista. Fino a quando il macrofenomeno dell’immigrazione di massa sarà visto con le lenti deformanti dell’ideologia pseudo-umanitarista, senza coglierne anche gli aspetti critici e polemogeni, sapremo soltanto ripetere il noioso mantra della xenofobia. Continuando a scambiare le cause con gli effetti.

Le rivolte della banlieu parigina del 2005 furono causate da «l’odio per la società francese», in Gran Bretagna invece si tratta di neri contro indo-pakistani, a Bruxelles di turchi contro africani, a Parigi di islamici contro ebrei. Il risultato delle politiche immigratorie, sottolinea Laqueur, è che ovunque «si è sviluppata una cultura dell’odio e del crimine». Per milioni di immigrati, ovunque in Europa, «i problemi sono gli stessi: ghettizzazione, re-islamizzazione, alta disoccupazione giovanile e scarso rendimento nelle scuole». Laqueur invita a fare un giro per Neukölln, La Courneuve o Bradford, concentrazioni urbane completamente extra-europee.

Se il trend non si inverte, noi europei saremo un luna park per turisti indiani e cinesi… una propaggine geriatrica e turistica del Primo (?) Mondo… Qui sta per saltare tutto: sistema economico, previdenziale, Welfare-State, etc…. perché se il dato militare può essere fondamentale oggi (e non esiste un Esercito Europeo) e quello economico nel medio termine (e siamo in crisi), il dato DEMOGRAFICO è QUELLO DECISIVO NEL LUNGO PERIODO. I contraccolpi dovuti all’avanzare di nuove potenze (ormai “Cindia” domina il mega-continente africano) anche in termini di accaparramento di risorse energetiche, unito alla destrutturazione etno-culturale in Europa col complessivo PICCO demografico, non saranno indolori. 

C’è qualcuno che si rammarica di tutto ciò oppure sono tutti contenti di fare l’ultimo valzer sul Titanic?

Insomma, è consentito porsi il problema devastante della crisi demografica in Italia e in Europa senza “delegare” la soluzione ai soli immigrati?

Pietro Ferrari

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