L’Autonomia Europea riconosce come dato di fatto che il modello capitalista è diffuso oramai in tutto il mondo.
La distinzione creatasi tra Capitalismo privato e di Stato che si è sviluppata sino al 1991 in alcuni paesi – tra cui l’Italia – era solo fittizia.
La natura delle due articolazioni è la medesima, le differenze risiedevano solo nel processo di accumulo del Capitale e nell’evidente coinvolgimento dello Stato nel secondo, che ne ha determinato comunque l’inadeguatezza con l’accelerazione del Capitalismo finanziario in tutte le aree del mondo.
Il Capitalismo, comunque, in tutti e due i casi è apolide.
Oggi il ricorso al Capitalismo di Stato è riservato, in alcuni paesi, essenzialmente ai settori strategici oppure riguarda paesi arretrati dove prospera un’oligarchia paramafiosa.
In questo senso, politiche di New Deal o neokeynesiane non possono più efficacemente essere messe in campo a livello di singole Nazioni e hanno bisogno di una piattaforma quantomeno su base continentale.
Inutili, quindi, i lamenti che si odono per un ritorno ad un Capitalismo di Stato in Italia, il quale peraltro risentiva di un clima internazionale ed economico completamente diverso da quello attuale e che ha comunque concorso, dopo lo slancio degli anni sessanta, all’attuale arretratezza del modello di sviluppo e di competitività italiano su base europea.
Per concludere, l’Autonomia Europea è pragmatica e capisce la fase, senza inseguire feticci o zombies, e auspica in questo momento storico un processo di modernizzazione del Paese, in un’ottica di “rettificazione” del processo che parte dal concetto di “contropotere” economico, politico e sociale.
REDAZIONE KULTURAEUROPA