La caccia alle streghe continua, letteralmente. E in questo caso sono le streghe di Roald Dahl ne La Fabbrica di Cioccolato, insieme ad altri personaggi.
La Puffin Books, casa editrice orbitante nella galassia del colosso Penguin Random House, ha messo mano all’opera pubblicata quasi 60 anni fa, offrendo una nuova traduzione indirizzata dal loro “sensitivity manager”, figura professionale che ha il compito di modificare i testi togliendo parole politicamente scorrette inserendone invece di più inclusive.
Pertanto, dalla Fabbrica di Cioccolato sono state rimosse parole come “brutto” o “grasso”, ma c’è stata anche una revisione dei lavori: basta “cassiera”, è troppo sessista (chissà secondo quale criterio), ora si traduce “scienziata” (chiaramente due lavori equivalenti…).
Non finisce qua. Matilde, bambina protagonista dell’omonima opera di Dahl, non può più leggere Kipling (troppo colonialista), meglio una donna: Jane Austen.
Ma al di là di tutte le comiche vicende riferite a questi episodi, che fanno obiettivamente ridere, il punto è che si deformano gli intenti di chi quelle opere le ha scritte e si pretende di contestualizzare fatti di epoche e culture di epoche diverse, cercando di dargli un taglio odierno.
Avanzo allora una proposta: lasciamo stare la cultura. Lasciamo libri, arte, musica, film, incastonati nel loro tempo. Rivediamo la storia, invece, che è stata scritta dai vincitori di ogni epoca e ristudiamola nella sua completezza.
Questo sarebbe il corretto modo di “riscrivere” le cose, non attaccare un autore che si è inventato una favola che secondo canoni di una certa epoca era corretta.
Anche perché, tra le tante altre conseguenze di questo continuo edulcorare la realtà e rendere tutti buoni, ce n’è una in particolare: le storie raccontate in questi libri creano un mondo ideale popolato da buoni e cattivi, da streghe brutte e pericolose da una parte e da eroi belli e redentori dall’altra. Questa divisione propone ai bambini un mondo che tutti sappiamo non essere “reale”, ma è utile a formare la morale e l’etica dei più piccoli…poi toccherà eventualmente ai genitori spiegare ai figli cosa è giusto e cosa è sbagliato davvero.
Ecco, questo continuo ricercare il politicamente corretto, da un lato esonera i genitori dalla fatica di educare i figli , dall’altro elimina la possibilità di auto-apprendimento etico/morale dei più giovani.
Salviamo quindi il mondo dell’arte e riprendiamo la storia in mano: nelle scuole, spieghiamo com’è andato il ‘900, in tutte le sue sfumature, non solo sulla base di quello che hanno scritto i vincitori. Proponiamo i punti di vista anche di chi ha perso.
Cerchiamo di formare veramente menti libere e obiettive e non illudiamoci di togliere il bullismo dalle scuole solo perché nei libri per bambini non si legge più “basso”, “grasso” o “brutto”.
Andrea Borelli
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